Capitolo IV: Pronto a tutto

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    Fuoco crepuscolare che mai si estinguerà

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    Capitolo IV: Pronto a tutto

    .: L’inaspettato fato :.

    L’infelice destino della luce morente
    Incrocerà lo sguardo con uno inverso al proprio.

    La fiera Alba getterà il suo luminoso seme,
    Che illuminerà il futuro del triste Tramonto.

    Un fato inatteso e silente
    Si tramuterà in scudo,
    Lasciando comunque immutata
    L’ultima scelta.


    Adrian Von Ziegler - Awake in a dream

    Si guardò attorno per studiare l’ambiente circostante, ma tutto era esattamente come ricordava: al contempo caotico e in equilibrio, assopito e desto. Ogni cosa in quel mondo era intrisa di magia. Una magia neonata così pura e forte che si sfogava come meglio riusciva, dando vita a un ambiente che non si sarebbe mai potuto trovare altrove e che nessuno sarebbe mai riuscito a immaginare.
    Paperino osservò con meraviglia celata il bosco fitto in cui era approdato dopo aver oltrepassato il varco. Gli alberi dall’alto e sottile fusto celeste si muovevano dolcemente, come canne di bambù, sotto la spinta di un vento leggero e profumato, che fischiava una vivace melodia, giocando con le foglie rosse e viola. Sul terreno marroncino, tra i ciuffi d’erba blu spuntavano fiori dalle tinte e le forme più disparate, che si agitavano come campanelle al suo passaggio lesto ma non invadente. Infine, alzò le iridi scure al cielo che brillava dei soffusi colori dell’arcobaleno, grazie alla perenne aurora che lo attraversava da un estremo all’altro, e in cui facevano capolino le stelle, come bianche conchiglie sparse sul fondale marino.
    -Aspettami Paperino!- chiamò il Notturno Melodico in un sussurro, avvicinandosi con passi cauti al compagno di viaggio.
    -Ci sei? Guarda che non possiamo perdere tempo!- brontolò il mago, riprendendo il cammino.
    -Lo so, scusa…- disse il biondo, chinando il capo. -È solo che questo mondo… mi fa sentire strano.-
    Il papero sbuffò appena. -È la magia, è per questo che avevo detto a Merlino che potevo venire da solo…-
    -Ma Merlino s’è tanto raccomandato, non potevo dirgli di no! Inoltre, può servirti un aiuto per convincere questa… ehm signora a forgiare un nuovo scettro per te.- replicò il Ritornante con un sorriso accennato, sollevando la borsa che teneva con la mano sinistra, come a ricordargli che stava trasportando i materiali per la lavorazione.
    Paperino roteò gli occhi e fece un cenno al ragazzo di seguirlo, dopodiché s’avviarono lungo il sentiero di sassi gialli e verdi, che s’illuminavano appena sotto il loro peso. Ad accompagnarli in quel viaggio, riempiendo il loro silenzio, c’era il sordo mormorio di un corso d’acqua poco distante e il cinguettio allegro di qualche uccello nascosto nelle profondità del bosco, che non osavano mostrarsi allo sguardo dei visitatori.
    Demyx osservava tutto con gli occhi sgranati e attenti, sentendosi strano a causa della natura magica di quel mondo, esattamente come gli aveva spiegato l’amico, ma anche in armonia con ciò che aveva intorno. Avvertiva una sensazione nuova e nostalgica insieme ed era certo che in quel luogo non si sarebbe mai sentito fuori posto, ma come se fosse a casa. Passo dopo passo, il musicista comprese di essere stato a dir poco fortunato, perché probabilmente non avrebbe avuto altre occasioni per assistere a un simile miracolo di vita.
    -Scusa Paperino…- mormorò, sporgendosi verso la sua guida.
    -Che c’è adesso?- replicò il mago con calma, senza rallentare e continuando a guardare dritto avanti a sé.
    -È lontano il posto in cui stiamo andando?- chiese, più curioso che altro.
    -Non saprei.- rispose l’altro con sufficienza, lasciandolo interdetto.
    -… scusa, ma… tu sai dove andare, vero?-
    -Ovvio che lo so! Bisogna seguire il sentiero, tutto qui.-
    -Ehm… e per quanto tempo?-
    -Chi può dirlo? Come vedi questo mondo è intriso di magia e l’ambiente muta secondo il suo volere. Per fortuna quella strega non si sposta mai e mantiene il sentiero al suo posto, ma il percorso può allungarsi o accorciarsi più volte in pochi giorni.- spiegò tranquillo, sistemando il fagotto che teneva sulle spalle. -Magari sta cambiando anche adesso e non lo sappiamo.-
    Istintivamente, il Ritornante abbassò l’attenzione sulla strada, trattenendosi dal fermarsi per vedere se effettivamente stava cambiando qualcosa o meno. Deglutì e si avvicinò ulteriormente al mago, intimorito da quel luogo che pareva riservare sorprese di ogni genere anche nel più piccolo filo d’erba. Tornò poi a guardare l’amico, che procedeva spedito e sereno, come se stessero andando da un conoscente per una tazza di tè, e lo invidiò profondamente per i suoi nervi saldi.
    In realtà, il fedele vassallo di Re Topolino era tutto fuorché tranquillo. I suoi pensieri correvano come cavalli al galoppo, insieme al suo cuore, che rabbrividiva al solo pensiero dell’incontro con la ferraia. Quando il cavaliere gli aveva mostrato il ventre del proprio scudo ricolmo di schegge di legno, Paperino si era sentito morire, ma gli ci era voluto poco per riprendersi e mettersi in moto per trovare una soluzione. Tuttavia, aveva compreso fin da subito che quel problema lo avrebbe condotto da Ashirae, anche se la sua mente aveva continuato per giorni a cercare un altro rimedio. Ricordava bene la sua precedente visita presso la dimora della strega, risalente a più di dieci anni prima, quando era ancora un giovane incantatore apprendista. La donna era stata reticente e ostile, ma alla fine gli aveva forgiato uno scettro e in cambio, lei aveva ottenuto una promessa solenne. Promessa che era andata in frantumi insieme al suo bastone magico e sapeva bene quale accoglienza avrebbe ricevuto non appena si sarebbero trovati l’uno di fronte all’altra.
    Risvegliò la propria mente con un sospiro pesante e infine si fermò. L’attimo dopo, il Ritornante fece altrettanto, donando un’occhiata incuriosita a ciò che si trovava sul fondo dello spiazzo che avevano appena raggiunto: vi era un’ampia parete rocciosa, ricoperta di muschio rosato e rampicanti arancioni dalle foglie quadrate, che si spingeva alta verso il cielo e da quel punto era praticamente impossibile scorgerne la cima. Infine, proprio di fronte a loro c’era l’ingresso buio di una grotta, coperta da una cascata di rami con i fiori blu come le acque degli oceani più profondi.
    -La persona che cerchiamo vive lì?- chiese Demyx, puntando l’indice verso l’apertura dell’antro.
    Sobbalzò quando udì un rumore forte, secco e stridente, a cui seguì un altro e un terzo, e molti ancora secondo un ritmo perfettamente scandito.
    -Esatto.- replicò il papero, scuotendo nervosamente la coda. -Ashirae vive là dentro e pare che sia piuttosto presa da un lavoro… cominciamo molto male.-

    ***


    Akiko Shikata - Melpomene

    Entrati nello studio del mago, tutti udirono il respiro pesante e nervoso della ragazza con gli occhi bendati, ma lo ignorarono per concentrarsi sullo scranno che stava dall'altro lato della stanza. Yen Sid sedeva dietro la sua scrivania con un'espressione grave dipinta sul viso, appena celato dalle mani giunte.
    -Benvenuti.- li accolse, lisciandosi la barba grigia. -Venite avanti.-
    Attaccata al braccio del compagno, Jessie riprese a camminare cercando di seguire il ritmo dei suoi passi, basandosi sull'udito e sulle percezioni che aveva sviluppato da quando era diventata custode. Trovò semplice orientarsi in quella stanza, molto di più rispetto al muoversi all'interno della gummiship per un motivo preciso e altrettanto sconosciuto: nonostante avesse gli occhi chiusi e coperti dalle bende, poteva chiaramente vedere l'aura del Maestro, che le appariva come una finestra aperta sull'universo, un calmo e silenzioso angolo d'infinito trapunto di stelle e nebulose purpuree, luminoso come un faro che funge da guida ai natanti nelle ore di buio. Esattamente com’era accaduto con Riku durante il loro breve allenamento, anche se in misura più lieve.
    -Maestro, siamo qui per chiederle di poter visitare Jessie, forse lei può guarire i suoi occhi. Marluxia l'ha ferita usando un potente veleno che fortunatamente siamo riusciti a fermare, ma pare che abbia usato anche la propria oscurità…- spiegò Sora, che fu fermato da una mano dell'uomo, prima che potesse aggiungere altro.
    -Farò il possibile.- dichiarò, alzandosi e facendo comparire una sedia tra la scrivania e i suoi ospiti con un rapido e silente movimento della mancina. -Vieni a sederti Jessie, ti vedo provata. C'è una sedia proprio davanti a te.-
    La castana alzò il pallido viso in direzione del mago. -Grazie Maestro.- disse, lasciando il braccio che le faceva da appiglio per raggiungere da sola il punto in cui avrebbe potuto riposarsi.
    Sotto gli sguardi colmi d'ansia degli amici, porse le mani avanti e dopo qualche tentennamento, raggiunse lo schienale. Percepì il legno, liscio, forte e resistente, e disegnò nella sua mente la figura dell’intero oggetto, quindi vi girò attorno e infine, vi si sedette piano e con movimenti studiati, per evitare di cadere. Sospirò e si abbandonò al sostegno del mobile, sfiancata dallo sforzo di sfruttare al meglio gli altri sensi per compensare la vista e da quella strana stanchezza dovuta al malessere che l'aveva colta quando erano ancora sulla Terra del passato.
    Persa nei suoi pensieri, sussultò quando avvertì le dita di Yen Sid ai lati della testa, in movimento per rimuovere la benda che l’aveva protetta fino a quel momento. Attese pazientemente, ma quando fu libera non osò sollevare le palpebre. La paura di provare altro dolore, il terrore di vedere male o di scrutare solo un piatto nero senza fine, la divoravano come le sue fiamme facevano con gli Heartless durante una battaglia. Si rese conto di tremare solo quando l'incantatore le posò la mano destra sugli occhi.
    -Stai tranquilla Jessie e fidati di me, va bene?- asserì l’uomo, con un'inaspettata dolcezza.
    Annuendo con un cenno del capo, strinse i pugni e trattenne il fiato per riflesso. Nel frattempo, Yen Sid concentrò il proprio potere e il suo palmo s'illuminò di una luce dorata, che man mano sbiadì nell'argento e poi in un accecante bianco.
    La ragazza percepì il calore e al contempo la freschezza di quella magia e ne comprese lo scopo: cancellare l'oscurità che Marluxia aveva iniettato nel suo corpo col veleno di Naraku. Tuttavia, dopo i primi attimi di beneficio, non sentì altro che dolore. Un dolore sordo e fitto, che aumentava sempre di più. Gemette, strinse i denti e si morse le labbra.
    -… basta…- mormorò, cedendo. -Per favore… basta…- le lacrime corsero rapidamente sulle sue guance, cadendo dal viso sui pugni serrati sulle gambe. -Basta!- urlò poi con rabbia, incapace di sopportare oltre e sollevando le mani, per metterle a difesa degli occhi. -Basta…- implorò.
    Alle sue spalle, Riku si mosse per andarle accanto, ma l'amico dalla chioma infuocata lo trattenne per indicargli le iridi scure dell’anziano, trovandole colme di qualcosa che non furono in grado di comprendere. Preoccupazione o immenso timore per qualcosa di irreparabile? Oppure altro ancora, forse più terribile?
    In quei pochi momenti, il Maestro aveva tentato di purificare quell'oscurità con la sua luce, ma durante l'operazione aveva percepito qualcos'altro. Non era il potere della custode, né il fuoco che le scorreva nelle vene, tutt'altro.
    Yen Sid richiamò la sua magia e si fece indietro, con evidente rammarico. -Mi dispiace Jessie, non era mia intenzione…-
    -Lo so.- buttò, prendendo ampi respiri e asciugandosi il viso. -Lei non ha colpa…-
    -Jessie, prova ad aprire gli occhi.- invitò l’incantatore e la keyblader parve pietrificarsi. -Prova, coraggio.- insisté, abbassando l'intensità della luce delle candele presenti nello studio, tramite un rapido pensiero.
    Agguantando un'ultima dose d'aria, la castana strizzò appena le palpebre prima di sollevarle lentamente e sbatterle un paio di volte.
    L'intera stanza parve cadere nel profondo ghiaccio degli Inferi quando parlò. -Niente.- sputò. -Non vedo assolutamente niente! È tutto nero!- urlò, incapace di trattenersi, mentre gettava le dita tra i capelli, stringendoli con forza. -Niente!-
    La presa quieta e forte sulle sue spalle la fece trasalire. -Calmati Jessie.- impose Yen Sid. -Calmati e ascolta attentamente quello che voglio chiederti.- aggiunse, passando la mancina sulla sua schiena per massaggiarla e aiutarla a placare il respiro pericolosamente veloce. -Ascoltami, quando sei entrata, tu mi hai visto, non è così?-
    -Come… come fa a saperlo?- domandò incredula la giovane, sgranando gli occhi e rivelando le iridi e le pupille sbiadite, come un vetro appannato.
    -Perché ho visto che mi fissavi, ma non stavi guardando il mio corpo fisico, bensì quello spirituale. Devi aver visto qualcosa legato alle stelle e all'universo, giusto?- disse con un sorriso.
    -S-Sì, ma questo cosa significa?- chiese lei, non capendo dove l'altro volesse andare a parare.
    -Vedi Jessie, Marluxia ha colpito i tuoi occhi con due armi potenti: il veleno che li ha debilitati, insieme al tuo fisico, e l'oscurità che ha offuscato la loro luce. A questo punto, tu non avresti dovuto scorgere nemmeno ciò che hai visto.- spiegò. -Però, qualcosa ha impedito all'oscurità di penetrare fino in fondo.-
    -Che cosa?- domandò impaurita.
    -Prima di risponderti, vuoi che i tuoi compagni di viaggio sentano quanto sto per dirti? In ogni caso non temere, oltre a noi, nessuno può sentire o vedere ciò che avviene all'interno della mia torre.-
    La prescelta, confortata da quelle parole, si voltò appena alla ricerca dei compagni che l'avevano scortata fin lì. Non vide altro che fiochi bagliori indefiniti, nulla di nitido e preciso come invece era stato poco prima con Yen Sid. Si sforzò un istante e le sembrò di riconoscere Axel in quello scintillio scarlatto, vicino alla sfera azzurrina di Riku, e accanto a lui, Sora e Kairi, due chiare luci in perfetta sintonia.
    -Mi dica Maestro, è qualcosa di male?- chiese, lasciando intendere che preferiva averli con sé in quel momento per lei difficile.
    L'incantatore sorrise. -Non credo che lo sia. Non hai avvertito qualcosa di diverso in te ultimamente?-
    Il cuore della ragazza tremò. -In… che senso?-
    -Hai avuto degli strani malesseri, prima di rimanere ferita?- domandò, ottenendo immediatamente un assenso. -E davvero non immagini a cosa possono essere dovuti?-
    Jessie trattenne nuovamente il respiro, come se le avessero tirato uno schiaffo inaspettato. Non si oppose quando il mago le prese gentilmente una mano per posarla sul suo ventre, e non seppe se fosse dovuto alle capacità dell'uomo, ma lo sentì: il calore di una nuova vita.
    -C'è una nuova luce che brilla dentro di te. Nonostante sia appena nata, ha in sé una forza straordinaria che è stata in grado di proteggerti dall'onda di pura oscurità che Marluxia ti ha lanciato contro.-
    Dietro di lei, non un suono osava farsi largo tra i presenti, che dopo aver spalancato gli occhi per la notizia, si erano lentamente voltati verso il ragazzo dai capelli argentei. Il custode dell'Alba, pericolosamente più pallido del suo consueto colorito, teneva lo sguardo indecifrabile fisso sulla compagna.
    Dei piccoli singhiozzi ruppero il silenzio, risvegliando gli astanti.
    -Io…- sussurrò Jessie tra le lacrime. -Io… non… Io sono solo in grado… di distruggere… invece sono… riuscita…- balbettò, abbracciandosi la pancia e piegandosi su di essa. -Maestro… la prego… la supplico! Mi dica che… il bambino… che la mia…-
    -Non temere, questa creatura è luminosa e pura come il cuore delle sette principesse, ed è forte come suo padre e sua madre.- rispose Yen Sid, intuendo i pensieri di quell'anima distrutta.
    -Non ci sono rischi? Non rischia di diventare…-
    -Nessuno.- affermò. -La sua luce ti ha protetta dalle tenebre, le rigetta, quindi non devi temere alcunché.-
    -Grazie.- sorrise la castana, mentre si riappoggiava allo schienale della sedia e riprendeva a piangere, stavolta di sollievo.

    Al sentire quelle parole, il suo cervello s'era come spento, ma nella sua testa continuava a rimbombare la loro eco.
    -Un… bambino…- pensò, sgranando gli occhi, mentre il suo cuore prendeva a battere incontrollato, man mano che assimilava la notizia e i suoi risvolti.
    Seguendo l'istinto, Riku si mosse con cautela verso la compagna e le posò una mano sulla spalla, facendole sollevare il viso. Per un momento, uno soltanto, il ragazzo si spaventò nel vedere in che misura la nebbia della cecità aveva stinto i suoi occhi color nocciola, ma passò immediatamente, quando sentì un singhiozzo più forte degli altri, che lo spinse ad abbracciarla.
    Jessie prese a chiamarlo in continuazione, incapace di mettere insieme una frase di senso compiuto, completamente stravolta dallo sviluppo inatteso degli eventi. Si strinse al custode più che poté, come se si stesse aggrappando al ramo di una solida sequoia per non cadere nel baratro che aveva spalancato le fauci per inghiottirla.
    -Maestro…- intervenne Sora, attirando l’attenzione dell’incantatore che con un cenno lo invitò a proseguire. -In realtà, abbiamo un altro grave problema che non sappiamo come risolvere.-
    -Cosa?!- esclamò il Ritornante, stupito.
    Yen Sid prese un lungo respiro, dopodiché fece comparire una tazza nella propria mano e la porse al prescelto dell’Alba. -Falle bere questa tisana, la aiuterà a calmarsi.- ottenuto un muto assenso, l’anziano tornò a rivolgersi al castano. -Di cosa si tratta?-
    -Beh…- il ragazzo tentennò, dando un’occhiata alla schiena tremante della keyblader del Tramonto. -Con l’attacco di Marluxia, sembra che l’Emissario si sia…- si fermò, perplesso sul termine da usare. -… annidato nella mente di Jessie…-
    L’incantatore sgranò gli occhi scuri, completamente colto alla sprovvista dall’informazione, poi si voltò preoccupato verso la ragazza, che tuttavia sembrava non aver udito le parole dell’amico.
    -Vieni con me, Sora.- disse solamente, dirigendosi nella stanza adiacente. -Anche voi, Axel e Kairi.-
    Nonostante l’ampio grado d’ansia che l’aveva assalito, il numero VIII si trattenne dal fare ulteriori domande e seguì i due amici, che senza perdere tempo si erano incamminati dietro il Maestro.
    Chiusi i battenti dell’alta sala occupata da tre specchi coperti e un basso tavolo rotondo, Yen Sid si voltò verso i giovani con un’espressione dura in viso.
    -Ora che siamo lontani dalle orecchie della vostra compagna, spiegati meglio.- esordì, fissando le iridi celesti del prescelto del Giorno. -Comincia dall’inizio.-
    -Dopo la battaglia, Jessie è rimasta priva di sensi per una settimana e solo al suo risveglio abbiamo scoperto che era stata, per così dire, trattenuta dall’Emissario, ma pensavamo che si fosse risolto tutto.- narrò. -Invece, un paio di giorni dopo, Jessie è stata attaccata da un’ondata di ricordi e da quanto ci ha detto, è stato l’Emissario.-
    -Jessie voleva togliersi le bende quel giorno.- intervenne Kairi. -Perché finché avesse tenuto gli occhi chiusi, l’Emissario avrebbe potuto ricomparire in qualsiasi momento.-
    -Quindi Marluxia mirava a renderla cieca per questo motivo…- rifletté Axel, stringendo i pugni.
    Sora annuì. -Ora che Jessie non può vedere, sarà costantemente in pericolo, e noi non sappiamo come aiutarla… Maestro, lei forse può fare qualcosa?-
    L’incantatore rimase in un profondo silenzio per qualche istante, infine abbassò le palpebre e scosse il capo in segno negativo. -Mi rincresce, ma non posso intervenire in alcun modo. Visto il tempo passato, la presenza dell’Emissario dev’essersi infiltrata molto in profondità e solamente Jessie potrebbe essere in grado di estirparla.- spiegò. -Tuttavia, comprenderete da soli che la vostra compagna non è in grado di affrontare un simile scontro, poiché ora la sua stessa mente le è nemica.-
    -… non c’è proprio niente che possiamo fare?- domandò la principessa dopo qualche attimo.
    -Starle vicino e aiutarla a concentrarsi sul presente.- suggerì Yen Sid, lisciandosi la barba. -Inoltre, posso supporre che la luce del bambino la proteggerà in minima parte. Siamo fortunati che l’ondata di oscurità mista al veleno non l’abbia contaminato né ucciso.-
    -Non c’è il rischio che l’Emissario tenti di attaccarlo?- chiese Sora.
    -Mmh… lo escluderei.- rispose il mago. -È una luce intensa, a cui persino Jessie fatica ad abituarsi, infatti potrebbe avere dei malesseri per molti altri giorni.-
    -Quindi non ci resta che sconfiggere l’Emissario.- riassunse il castano, incrociando le braccia al petto. -Molto bene. Non abbandoneremo Jessie, le staremo accanto e saremo lì quando avrà bisogno di noi.-
    L’uomo concordò con un cenno. -Ora vi consiglio di tornare sulla vostra nave, avete tutti bisogno di riposo.-
    -Grazie di tutto Maestro.- dissero i tre all’unisono, inchinandosi leggermente.
    -Mi dispiace non aver potuto fare di più… Mi raccomando, fate attenzione.-
    -Non si preoccupi, finché saremo insieme, nulla ci fermerà.- assicurò il custode della Catena Regale, dopodiché si avviò, dando le spalle al saggio mago.

    ***


    Adrian Von Ziegler - World Music - Guardians of the Lost Tribe

    Con un lungo sospiro, in cui aveva cercato di raccogliere tutta la sua dose di coraggio e quella di pazzia, Paperino si era mosso in direzione della grotta, in cui il rumore tipico di una forgiatura in corso non s’era ancora arrestato. Il Notturno Melodico lo seguì in religioso silenzio, scostando qualche ramo in più per poter entrare a sua volta nella dimora di Ashirae. Non appena la tenda naturale s’era chiusa dietro di lui, cominciò a sentire un caldo quasi soffocante, insieme a un forte odore di zolfo e metallo fuso che gli colpì l’olfatto, stordendolo per qualche istante. Le pareti di pietra grigia riverberavano di rosso e arancio più o meno intensamente, seguendo la danza vacillante di un grande fuoco acceso lì nelle vicinanze. Il passaggio, ampio e alto abbastanza da contenere più persone tutte insieme, proseguiva dritto nel ventre della montagna per alcuni metri, poi svoltava a destra, dove la luce si faceva ancora più luminosa.
    Il papero proseguì con passi cauti, quasi impercettibili nel frastuono prodotto dai materiali che cozzavano l’uno contro l’altro. Quando giunsero nelle vicinanze della curva, scorsero una lunga ombra sul muro: la figura era china in avanti e il braccio destro si sollevava per poi abbassarsi con incredibile forza, battendo un grosso martello. Infine, girarono l’angolo e Demyx si ritrovò a trattenere il respiro.
    Piegata su un’incudine nera al centro della “stanza”, c’era una donna alta e slanciata, dai lunghi capelli trattenuti da una fascia, lisci e probabilmente biondi, a giudicare dai riflessi provocati dalla grande fornace che bruciava e ruggiva sul fondo di quell’insenatura. Vestiva con un abito leggero, che le lasciava scoperte le gambe grazie allo spacco che partiva dall’attaccatura dell’anca e che le sfiorava i piedi, fin troppo simili alle zampe dei leoni. Lo stesso valeva per la coda che si muoveva insieme al resto del corpo e al viso, che era identico in tutto e per tutto al muso di un felino, poiché largo e dotato di spessi baffi bianchi e di una coppia di orecchie triangolari e morbide ai lati della testa.
    Il martello batté ancora una volta prima di essere posato accanto all’incudine, poi le mani dalle dita ricoperte da una sottile peluria si chiusero quasi con dolcezza attorno all’elsa della spada su cui stavano lavorando con tanta violenza, per immergerla in una vasca d’acqua, che liberò una nube di vapore.
    -Posso sapere cosa sei venuto a fare? Sai benissimo che non amo le inutili visite di cortesia.- sentenziò la ferraia, dando le spalle ai due ospiti.
    -Anch’io non sono contento di rivederti Ashirae.- replicò il mago, incrociando le braccia al petto. -Se sono venuto qui è perché mi trovo in una situazione estrema.-
    -Di estremo qui c’è solo la tua sfacciataggine!- ruggì lei, girandosi di colpo, facendo ondeggiare l’abito e i capelli poggiati sulle spalle, e anche la montagna stessa sembrò tremare. -Non solo mi interrompi mentre sto lavorando, hai anche la faccia tosta di presentarti con una mia creazione ridotta in pezzi!- urlò furente, avvicinandosi pericolosamente all’incantatore piumato, facendo scintillare le iridi color rubino. -L’unico motivo che può aver portato di nuovo qui la tua semovente carcassa è la frattura irreparabile dello scettro che forgiai dieci anni fa! Tsk! Perle ai porci, l’avevo detto anni fa e ora me ne hai portato la prova!- sputò poi. -Lo sapevo che le tue promesse valevano meno di un fuoco spento, ma non credevo che avresti avuto il coraggio di ripresentarti davanti a me, Paolino Paperino!-
    Se era impaurito o quantomeno toccato dalle parole che gli erano state gridate addosso, il mago di corte non lo diede assolutamente a vedere. Rimase in silenzio per un istante, dopodiché si sfilò il fagotto che portava sulla schiena e lo porse ad Ashirae, senza mai distogliere lo sguardo dal suo.
    -Ti avevo promesso che sarei diventato un grande mago grazie allo scettro che ti chiesi di forgiare per me, promisi che ti avrei dimostrato di esserne degno, e se sono tornato qui è anche per tenere fede alla parola data.- disse serio, mentre la ferraia agguantava tra gli artigli l’involto per posarlo su un tavolo da lavoro posto lungo tutta la parete sinistra della grotta.
    Quando il nodo fu sciolto, la coda della donna si mosse con un guizzo agitato. -Come hai fatto… no, come hai potuto permettere che fosse ridotto così?- chiese in un sibilo.
    -Non mi inventerò scuse o altro, ti dirò come sono andati i fatti: la battaglia è stata dura e nel tentativo di soccorrere un amico, mi sono distratto. La creatura che stavo affrontando mi ha strappato via lo scettro e poi mi ha colpito… ho perso i sensi e quando mi sono svegliato, ho ricevuto i frammenti dello scettro.- spiegò. -Lo so che anche se ci sono tutti è irrecuperabile, però…-
    -No.- sentenziò la strega grave, tenendo a freno la rabbia. -Sai bene che io creo solamente uno strumento per ognuno, perché sarà l’unico compagno per questa vita.-
    -Per favore Ashirae!- esclamò il papero, facendo un passo in avanti. -Non posso affrontare l’Oscurità e le sue creature senza uno scettro!-
    -La risposta è ancora no, Paperino.- replicò lei con voce calma. -Sai perché il compagno può essere soltanto uno?- domandò voltandosi, ma non attese risposta e proseguì. -Perché lo strumento cresce con il suo padrone, si fortifica e accumula esperienza insieme a lui, in una perfetta simbiosi. Se ora creassi un nuovo scettro, sarebbe come gettare un neonato nel ventre di un uragano, sarebbe un abominio e una crudeltà.-
    -È per questo che ti ho portato i frammenti del mio scettro, la sua esperienza colmerà il vuoto di quello che forgerai, e con i materiali che Merlino mi ha dato, avrà una struttura più salda, sarà più forte e non ne verrà sopraffatto.- disse Paperino, gettando un’occhiata al Notturno Melodico, che annuì e affiancò l’amico.
    -Signora Ashirae, per piacere, non può fare almeno un tentativo?- si permise di chiedere, mostrandole la borsa che teneva in mano.
    La ferraia però scosse il capo, irremovibile. -Anche così mancherebbe la tua, di esperienza.-
    Il mago indurì lo sguardo. -Dimmi di cos’hai bisogno e te lo darò.-
    -Tu non sai quello che dici…- sospirò lei, scuotendo il capo.
    -Dimmelo e lo saprò!-
    -Quando dico no, è no! Vattene da casa mia!- ruggì, mostrando le zanne. -Non costringermi a buttarti fuori a calci.-
    -Pfui! L’hai già fatto, ricordi? E io sono tornato, non mi sono arreso e ho insistito, ho aspettato per tre giorni seduto qui, finché non mi hai dato retta!- ribatté lui con testardaggine, indicando il pavimento con un dito.
    -Tsk! Potrai stare lì anche per cento anni, la mia risposta non cambia!-
    -Non li ho cento anni e non avrei nemmeno il tempo che sto usando per convincerti! I miei compagni hanno bisogno di me e della mia magia al suo massimo, come l’universo intero che rischia di cadere nell’Oscurità!- sentenziò Paperino, ma vedendo che nemmeno con quelle parole aveva ottenuto un cambiamento, decise di giocarsi il tutto per tutto.
    Era disposto a compiere qualsiasi cosa pur di non deludere i suoi amici, che attendevano il suo ritorno e che necessitavano della sua presenza ora più che mai, perciò giunse alla conclusione che il suo orgoglio poteva essere messo da parte per far largo all’umiltà. Nulla era più importante della missione che doveva portare a termine né del destino dei mondi.
    -Cosa stai facendo?- domandò la strega, guardando con occhi stralunati il suo ospite che s’inginocchiava davanti a lei. -Io non sono il tuo Re, alzati!-
    -Non lo farei se non fosse una questione di vita o di morte, ma questa lo è. Ti scongiuro Ashirae, forgia un nuovo scettro per me.- supplicò, posando anche la fronte sul terreno caldo e nero.
    Nell’antro cadde un silenzio quasi solenne, simile a uno spesso velo, che ricoprì gli astanti e quasi li schiacciò col proprio peso. Persino il grande fuoco della fucina sembrava essersi quietato e indebolito per non recare disturbo alla sua padrona.
    Demyx deglutì, ma non osò muoversi né produrre un suono, sentendosi di troppo in quella specie di duello che stava combattendo il suo compagno di viaggio. Forse avrebbe dovuto dargli retta e restare al Castello, oppure raggiungere il resto del gruppo sulla gummiship, visto che la sua presenza non stava sortendo l’effetto sperato, anzi, la ferraia non l'aveva guardato per più di una manciata di secondi.
    Il Ritornante non seppe dire per quanto tempo la donna rimase immobile con lo sguardo fisso sull’incantatore, come se ne stesse scrutando la mente e l’anima per scorgere la sincerità delle sue parole, poiché la determinazione era più che evidente, alla fine, però, ella emise un sospiro più simile a uno sbuffo scocciato.
    -Alzati, sciocco, altrimenti quando uscirai di qui sarai diventato nero come la fuliggine.- asserì, girandosi per raggiungere il fondo del tavolo da lavoro dove erano riposti i suoi strumenti.
    Prelevò un martello dalla testa rotonda, grande quanto due pugni, che appese alla cintura, e un pugnale dalla sottile lama serpeggiante, lunga almeno venti centimetri, l’elsa di lucido metallo era lavorata a forma di scarabeo con le ali spalancate simili a quelle di un gufo, mentre l’impugnatura, anch’essa di metallo, era decorata con un’intricata trama geometrica.
    -Grazie Ashirae.- disse il papero una volta tornato in piedi.
    -Aspetta a ringraziarmi.- replicò lei, tornandogli vicino dopo aver recuperato una scodella di legno. -Tu, ragazzo, dammi quella borsa.-
    Dopo un breve sussulto, Demyx annuì e affidò il proprio bagaglio con il suo contenuto alla ferraia, che ci guardò dentro e ghignò soddisfatta. -Almeno i materiali sono di ottima qualità. Ora, ascoltami bene: come ti ho già detto, bisogna rimediare alla mancanza della tua esperienza, perché quella del vecchio scettro non è sufficiente.-
    -Cosa devo fare?- chiese Paperino, puntando le iridi scure in quelle rosse della strega.
    -Devi donare il tuo sangue come materiale di forgiatura, lo userò per temprare l’anima del nuovo scettro, ma è rischioso, la quantità che dovrò usare sarà molta.- spiegò seria, porgendo il pugnale e la scodella all’ospite. -Sei ancora convinto?-
    Per un istante, il mago parve vacillare mentre osservava la sinuosa lama dell’arma, su cui si riflettevano i colori del fuoco, che aveva ripreso a danzare vivace come sempre. Quel momento però passò immediatamente e strinse le candide piume sull’impugnatura.
    -Ti darò tutto quello che serve.- confermò sicuro, prima di accomodarsi su uno sgabello indicatogli dalla strega, che nel frattempo era tornata al tavolo da lavoro, prendendo dalla borsa un bastone di legno bianco, che avrebbe fatto da base.
    -Lo faccio solo perché da questo dipende la salvezza dell'universo, che ti sia chiaro.- dichiarò con fermezza Ashirae. -E ti avverto, se muori non mi prendo alcuna responsabilità.-
    -Non te l’ho mai chiesto.- ribatté il papero con tono divertito.
    La ferraia scosse il capo. -Quanto sei presuntuoso.-
    -Da che pulpito…-
    Dopo quell’ultimo scambio di battute, il martello dalla testa rotonda fu sollevato e stessa sorte toccò al pugnale, dopodiché calarono entrambi sui rispettivi bersagli.





    Per il personaggio di Ashirae mi sono ispirata alla Dea egizia Sekhmet, divinità dalla testa leonina a cui sono giunta cercando ispirazione per lo scettro di Paperino.
    Per il pugnale che dovrà usare Paperino mi sono ispirata al Pugnale di Cleopatra, di cui ho modificato la forma dell'impugnatura. Ho invece mantenuto lo scarabeo sull'elsa perché legato alla rinascita intesa come trasformarsi.
     
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