Capitolo 67: Commiato

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    Fuoco crepuscolare che mai si estinguerà

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    Capitolo 67: Commiato

    Assicuratosi che l’amica respirasse ancora, il custode della Catena Regale rialzò il viso ottenebrato dalla rabbia e dallo sdegno che per la prima volta avvertiva verso quel nemico che non voleva arrendersi. Tuttavia, la sua rabbia era nulla al confronto di quella dell’amico dai capelli argentei, che ora gli stava innanzi, a protezione della sua compagna, affiancato dalla sua fedele fenice d’acqua pura, Omi.
    L’enorme uccello, anima dell’acqua stessa, si era frapposto per primo tra il Ritornante vestito di nero e la ragazza dai capelli castani, che giaceva a terra inerme e all’apparenza priva del soffio della vita. Il keyblader dell’Alba era furente in volto e i suoi occhi chiari brillarono d’odio verso colui che aveva di fronte, il quale si copriva il lato destro del viso con la rispettiva mano, mentre la sua frusta era ben salda nella mancina.
    -Marluxia è meglio se te ne vai ora che sei ancora sulle tue gambe!- lo ammonì il Soffio di Fiamme Danzanti, che si trovava al fianco libero di Riku, con i Chakram stretti tra le dita affusolate.
    -Stai zitto!- urlò di rimando. -Questo era solo un assaggio della mia vendetta!- proseguì. -Hai sentito custode del Tramonto?! Vedremo come ti ridurrai, quando il buio ti colpirà! Sarai debole e diventerai un’ottima preda per l’Oscurità!-
    Urlata quella maledizione, che si sparse nell’etere immobile, il Leggiadro Sicario indietreggiò fino a entrare in un passaggio scuro e sinistro, fatto di nere spire, che lo avvolsero come in un abbraccio portandolo in un luogo lontano dalla Terra.
    I due rimasero a guardare ancora per qualche istante il punto in cui egli era svanito, ma la voce del loro compagno li fece voltare immediatamente e l’ansia e l’apprensione si fecero strada tra i loro pensieri. Sora stava in ginocchio accanto alla compagna, continuando a parlarle per tenerla sveglia e vigile, per quanto le concedessero le sue condizioni, e non aveva osato toccarla per paura di farle del male.
    Il suo sguardo azzurro come il cielo estivo si raggelò come una giornata invernale priva di sole, quando lo portò a osservare la schiena coperta a tratti dalla maglietta azzurra che la ragazza indossava. Questa però era insozzata in troppi punti dal caldo sangue, che ancora usciva a fiotti dalle profonde ferite che le sfregiavano la schiena.
    Riku le fu subito accanto, cominciando a chiamarla e temendo il peggio, che sembrava ormai dietro l’angolo. Nessuna risposta giunse, però al suo richiamo, e le iridi color nocciola restavano socchiuse e immobili.
    -Sora hai provato a curarla con la magia?- domandò al castano.
    -Sì, ma le ferite non riescono a richiudersi del tutto e continua a perdere sangue… se va avanti così…-
    -Axel tu non conosci un modo per curarla? Anche temporaneamente, giusto il tempo di portarla sulla gummiship oppure a Radiant Garden da Merlino.- intervenne bruscamente l’argenteo, fissando il compagno nei suoi occhi di smeraldo.
    -Non conosco tecniche di guarigione… e se anche ne conoscessi, dubito che sarebbero più efficaci della magia di Sora…- rispose il rosso, abbassando lo sguardo. -Ci servirebbe qualcosa che la curasse totalmente, o che per lo meno le chiudesse le ferite…-
    -Ma certo!- esclamò improvvisamente il custode dell’Alba, girandosi verso la sua nuova e fedele compagna, colto da un lampo di genio. -Omi!- chiamò con voce piena di disperazione. -Tu puoi curarla vero? Te ne prego, fallo se ne sei in grado!-
    La fenice d’acqua osservò intensamente il proprio guardiano, dopodiché si avvicinò a quel corpo martoriato e abbassò il capo su di esso.
    Le iridi blu dalla candida pupilla, simile a un diamante prezioso, s’illuminarono, poi alcune gocce di fresca acqua trasparente scivolarono da quegli occhi, cadendo leggere e lente come cristalli di neve sulla schiena della ragazza.
    La castana rantolò al contatto con quella sostanza rigenerante, che la riportò ad avere la sensibilità del proprio corpo, trasmettendole tutto il dolore che fino a quel momento era attenuato dal suo stato di catalessi, sull’orlo dell’incoscienza. Le braccia, stese lungo i fianchi tremarono, le mani si strinsero in due forti pugni, fino a sbiancarle le nocche, mentre la mascella si serrava per trattenere le urla date da quelle sensazioni troppo forti da sopportare tutte in una volta, da cui era stata protetta dalla sua condizione debilitata. Serrò con forza gli occhi, quando avvertì la frescura di quel liquido scontrarsi con l’alta temperatura del suo sangue e il suo corpo cominciò a essere attraversato da violenti brividi, che per un attimo divennero spasmi.
    Dopo un paio di minuti, la fenice d’acqua riportò indietro il collo, scoprendo alla luce della luna la custode del Tramonto, che era tornata ferma e muta, come un elemento inanimato.
    Quel silenzio terrorizzò i tre ragazzi e un comune, orrendo, pensiero scorse per le loro menti, come un fiume che straripa e travolge tutto.
    Pochi secondi passarono e i loro volti s’illuminarono di gioia nel vedere che la loro compagna aveva piegato le braccia e poggiato i palmi a terra per sollevarsi. Con fatica, la ragazza si mise seduta sulle ginocchia senza guardare un punto preciso con reale interesse, ancora stordita per i rapidi eventi che si erano susseguiti, trascinati l’uno dietro l’altro.
    Il suo fuoco aveva portato dolore. Il dolore aveva creato l’odio. L’odio era scaturito in un cieco e sordo desiderio di vendetta.
    -Dunque è a questo che sono destinata? Dare dolore per ricevere odio e vendetta e, probabilmente, sarà presto il contrario…- pensò, mentre le sue orecchie erano attirate da un suono particolare e sconosciuto.
    Un fruscio leggero, come quello del vento tra la pioggia, che la fece voltare verso la sua sinistra.
    Omi la fenice, la fissava con le sue placide iridi, brillanti come stelle nel blu dell’universo, e si sentì come folgorata da un fulmine sotto quello sguardo penetrante, ma incredibilmente calmo, che trasmetteva pace.
    La nocciola si perse nell’accecante bianco di quelle pupille, finché l’essenza dell’acqua non produsse il suo soave verso, prima di tramutarsi in una scia liquida e catalizzarsi nell’orecchino che il ragazzo dalla chioma argentea portava al lobo destro.
    Lo sguardo della giovane si perse nuovamente nei meandri fitti e complessi della sua mente, che ancora riviveva quel terribile conflitto, in cui aveva desiderato, anche se per un attimo, di distruggere -di uccidere- il suo nemico.
    In quel momento, mentre il suo compagno dagli occhi acquamarina la stringeva in un abbraccio, mormorandole parole felici per la sua salvezza, ignaro di ciò che si agitava tra i pensieri della keyblader. Jessie si sentì padrona e schiava al tempo stesso di una tremenda bestia, che rappresentava il suo potere, ma anche una forma di Oscurità.

    Blinded to see the cruelty of the beast
    It is the darker side of me *


    Il terribile pensiero di poter fare del male a chi le stava accanto, ritornò una presenza prepotente e tenace in lei, mentre osservava con la coda dell’occhio la nuca dell’altro.
    -Riku, sarai in grado di accettare ciò che sto per diventare?- pensò lei, stringendosi al collo del compagno, considerandolo l’ultimo appiglio cui aggrapparsi per non cadere vittima di se stessa.
    Non in quel momento almeno.
    Perché sapeva, che presto l’irreparabile sarebbe giunto. Troppo presto.

    I’m here on the edge again
    I wish I could let it go
    I know that I’m only one step away
    From turning it around **


    Cancellò la presenza di quelle riflessioni dal suo viso, tornando a mostrare la sua solita espressione calma e neutra.
    -Sono così contento di vedere che stai bene…- disse lui, passando una mano sulla morbida chioma castana.
    -Come avete fatto a sapere che stavo combattendo?- domandò Jessie, sciogliendo l’abbraccio.
    -Non so come sia successo esattamente…- riprese Riku. -Ho avvertito una forte sensazione di calore, mentre nella mia mente scorrevano le immagini di un’alta fiamma con te al suo interno…- spiegò, aiutandola ad alzarsi in piedi.
    Un capogiro la costrinse a restare tra le braccia del ragazzo, che la fissò spaventato.
    -Non preoccuparti, sto bene…- assicurò. -Il fatto è che Omi mi ha richiuso le ferite, ma per la perdita di sangue non può farci nulla…-
    -Che ne dite se ce ne andiamo?- s’intromise il Ritornante dai capelli rossi. -E’ inutile stare qui in mezzo alla strada.-
    -Sono d’accordo.- rispose la castana. -Andiamo al pub, Andrea e Claudia sono ancora lì che mi aspettano…-

    Tutti coloro che si trovavano in prossimità della porta fuggirono, quando compresero che i quattro presenti nel parcheggio si stavano dirigendo verso il locale. Tutti, tranne le due amiche della custode, che attendevano con impazienza il suo arrivo.
    Senza aspettare che varcasse la soglia, la ragazza dalle iridi azzurre si gettò incontro all’amica, stringendola in un abbraccio soffocante, che rischiò di buttarle entrambe a terra.
    -Je! Santo cielo mi hai prendere un colpo!- urlò, guardandole per un attimo il viso, prima di tornare a stritolarla.
    -Lo so…- mormorò stanca. -Ora che ti sei assicurata che sono ancora viva e non ho le sembianze di uno zombie, puoi lasciarmi respirare?- aggiunse con una nota divertita.
    Andrea si staccò dall’altra, facendole la linguaccia. -Sei sempre la solita scema!- esclamò. -Torniamo dentro, così ti puoi sedere.- continuò, notando la sua debolezza.
    Entrarono, sotto gli sguardi impauriti ma rispettosi degli altri presenti e si diressero con calma al loro tavolo, mentre Claudia si presentava ai tre ragazzi e faceva qualche commento sullo scontro cui aveva assistito.
    -Accidenti!- brontolò la keyblader una volta seduta davanti al suo cocktail. -Si è sciolto il ghiaccio!- esclamò con stizza, osservando il contenuto del suo bicchiere, privo dei cubetti freschi che inizialmente vi galleggiavano, come tante piccole boe in un lago. -Però è ancora freddo!- concluse contenta, afferrando il recipiente e bevendone un lungo sorso.
    -Non dovresti bere…- la sgridò il ragazzo dagli occhi acquamarina. -Eri in fin di vita fino a poco fa…-
    -Dettagli.- replicò lei. -Guarda che bevo quello di Andrea se osi portarmi via il bicchiere…- minacciò, assottigliando lo sguardo, poiché aveva notato la mano dell’altro muoversi pericolosa verso il suo drink. -E sappi che il suo è molto più forte rispetto al mio.-
    L’argenteo si zittì, osservando la propria ragazza mandare giù senza problemi la bevanda e scatenando le risate degli amici.
    -Ehi.- intervenne Andrea. -Vedi di stare lontana dal mio Angelo Azzurro, chiaro?-
    -Sono più veloce di quel che pensi. Tu tieni gli occhi aperti e vedrai che non lo toccherò.-
    -Potresti anche usare la magia Stop.- suggerì Sora, mostrando un sorriso birichino.
    -Non arrivo a tanto per un po’ di alcool!- rise Jessie, mentre l’amica chiedeva informazioni su quell’incantesimo al Ritornante, che se la rideva senza ritegno.

    ***


    Issata la sacca sulla spalla, la keyblader si voltò verso l’amica. -Bè è ora che io vada…-
    -Ma mi puoi spiegare perché ti sei alzata così presto?- domandò l’altra, sfregandosi l’occhio. -Sono le sei…-
    -Perché voglio passare da casa a salutare i miei.- disse, abbassando lo sguardo alle piastrelle del pavimento.
    -Capisco…- rispose in un sospiro.
    -Allora, ci sentiamo…-
    -Non è un addio, vero?- chiese la ragazza dalle iridi azzurre, senza ottenere parole in cambio. -Vero?-
    -Andrea… lo sai come stanno le cose…- asserì Jessie, rialzando gli occhi fieri e sicuri. -Ci stiamo avvicinando sempre di più al nemico e sai anche cosa mi aspetta…- proseguì con tranquillità.
    -Lo so…- ammise. -Non hai paura?-
    -Non posso permettermelo. Devo essere più forte delle mie emozioni… per continuare questa lotta, per vincerla e per evitare che accada qualcosa a te, alle persone a cui tengo di più e a tutto questo mondo…-
    -Sempre a preoccuparti per gli altri… ma se succede qualcosa a te? Io e tutti gli altri che facciamo?- domandò con una nota di rabbia. -Rispondi!- urlò, gettandosi sull’amica per stringerla in un abbraccio e nascondere la scia d’acqua cristallina nella stoffa del cappotto nero.
    -Andrea… non piangere…- mormorò. -Altrimenti comincio anch’io… e facciamo una piscina…- scherzò tra le lacrime, strappando un sorriso all’altra.
    Restarono unite in quella stretta, che nessuna delle due voleva considerare l’ultima. Passarono i secondi, inesorabili e meschini, mentre i primi raggi di sole iniziavano a filtrare tra le fessure delle persiane del salotto, illuminando appena la stanza avvolta nel buio.
    -Continueremo a sentirci?-
    -Certo. Il numero della frequenza per contattare la radio della gummiship lo hai ancora?-
    -Sì.-
    -E ti ricordi anche dove l’hai segnato?-
    -Ovvio!- sbottò Andrea, sciogliendo l’abbraccio.
    -Bene, allora chiamami quando vuoi.- sorrise la castana, lasciandole le mani. -Ora devo andare. Ciao…-
    -Ciao…- rispose la ragazza dagli occhi chiari, osservando tristemente la figura dell’amica che si chiudeva la pesante porta d’ingresso alle spalle.
    -Buona fortuna Jessie… torna presto…-

    Atterrò davanti al portone nero senza emettere suono. Tutto era silenzioso e immobile intorno alle due palazzine, poiché a quell’ora era appena iniziato il risveglio dal regno di Morfeo.
    La ragazza fece scorrere lo sguardo sul piccolo quartiere in cui aveva abitato per undici anni e per un attimo la sua mente si perse nei meandri dei suoi ricordi più preziosi, con un sorriso dolce e sereno dipinto in viso.
    Si riscosse quando un suono a lei familiare squarciò l’aria con la sua potenza, in modo da farsi udire in ogni angolo del piccolo paese. Lo ascoltò con nostalgia e altre immagini scorsero nei suoi pensieri, a ogni tonante rintocco.

    Don… don… don… don… don… don… din…

    -Le sei e mezza… la mamma sarà sveglia di sicuro.- disse, prima di posare il dito sul citofono.
    Attese qualche minuto, dopodiché suonò nuovamente, iniziando ad avere qualche dubbio.
    -Oddio!- esclamò, battendosi una mano in fronte. -Oggi è sabato! Mamma non lavora!-
    -Chi è?- borbottò improvvisamente una voce parecchio assonnata, proveniente dal citofono.
    -Apri!- rispose la castana.
    -Ma chi è?-
    La custode sbuffò. -Papà, manco da casa poco più di due settimane e non mi riconosci?-
    L’uomo brontolò qualcosa sul fatto che fosse una rompiscatole e che poteva passare ad un orario più decente, ma alla fine aprì il portone, permettendo alla figlia di salire.
    Fece le scale normalmente, salendo i gradini uno per uno senza fretta alcuna e assaporò l’aroma di caffè che si diffondeva nell’ambiente, passando da sotto le porte dei vari appartamenti che occupavano quel condominio di due piani.
    Oltrepassò la pesante soglia di casa, richiudendosi la porta alle spalle, mettendoci più cautela possibile per non fare troppo rumore e vi si appoggiò contro, osservando l’ingresso e la scala interna dell’appartamento da cui si precipitò un piccolo uragano, che le saltò tra le braccia.
    -Je! Sei tornata!-
    -Ciao Viola, come stai?- domandò la giovane, ricambiando la stretta della sorellina.
    -Ma insomma…- rispose lei, abbassando lo sguardo.
    -Cos’è successo?-
    -Ecco…-
    -Allora? È successo qualcosa con la scuola?-
    -Mi hanno bocciata…- sussurrò tristemente, prima di sollevare gli occhi sulla sorella maggiore. -Ma non è stata colpa mia! Mi avevano detto che passavo con tre debiti col cinque, invece erano quattro debiti e uno aveva il quattro!- esclamò immediatamente, temendo la reazione dell’altra, che sorprendendola sorrise e le mise una mano sulla testa.
    -Non fa niente, sono cose che possono accadere a tutti.- spiegò, arruffandole i capelli già disordinati per via del sonno agitato. -L’importante è che l’anno prossimo ti impegni seriamente e ci dai dentro, ok?-
    -Sì! E tu mi aiuterai con i compiti di recupero vero?- chiese allegra.
    -Vedremo…- fece, restando sul vago. -Mamma e papà?-
    -In cucina, ormai ci hai svegliati tutti!- rise, prendendola per mano e trascinandola nell’altra stanza.
    Jessie sorrise al pensiero di aver avuto quella piccola possibilità di passare qualche minuto con la propria famiglia a cui non aveva intenzione di rivelare ciò che l’attendeva lungo il viaggio.
    Come avrebbero potuto i suoi genitori lasciarla andare? Ma soprattutto, lei con che coraggio li avrebbe affrontati?
    La felicità le attraversò il viso quando vide la madre che preparava la colazione, ancora in pigiama, mentre suo padre rubava i biscotti al cioccolato dalla busta. Scoppiò poi a ridere quando la donna se ne accorse e minacciò il marito di prenderlo a cucchiaiate, attirando la loro attenzione.
    Trattenendo le lacrime, nemmeno lei seppe se erano per dispiacere o per tristezza, la castana abbracciò i genitori e raccontò loro a grandi linee quello che aveva passato in quei giorni e che mancava ormai poco allo scontro finale.
    Mezz’ora era passata quando una luce accecante si accese nel soggiorno e una vivace voce maschile risuonò nella casa silenziosa. -Jessie! Jessie sei qui?-
    -Sì Demyx ci sono, ma non urlare! La gente dorme!- esclamò la ragazza, raggiungendo l’amico, che si mise le mani sulla bocca.
    -Ops…-
    Dopo un piccolo scambio di battute, e le solite raccomandazioni da parte dell’uomo di casa, che fronteggiò la figlia a viso duro, specchiandosi in quel paio d’occhi identici ai suoi animati dalla stessa cocciutaggine e determinazione, la custode salutò la famiglia con un largo sorriso ad allungargli le labbra.
    -Ho fatto bene a passare, ora so con sicurezza che devo andare avanti e resistere… per il loro bene e per il loro futuro.- pensò, svanendo nel varco luminoso come l’aurora per ritrovarsi in pochi attimi nella sala comandi della gummiship.
    -Bentornata Jessie!- esclamò allegro il cavaliere.
    -Ciao Pippo!- rispose lei, avvicinandosi. -Buongiorno Maestà, Paperino…-
    -Buongiorno a te!- risposero i due all’unisono.
    -Quanto manca al prossimo mondo?- chiese, appoggiandosi al sedile del pilota.
    -Ci vorranno almeno tre giorni, se tutto va bene è ovvio.- chiarì il mago, indicando gli strumenti che segnavano la rotta della nave.
    -Perfetto! Proprio quello che mi serviva!-
    -Cosa intendi dire?- domandò il re, incuriosito.
    -Maestà, ora che sappiamo come stanno le cose, è giunto il momento di prepararci a dovere. E io ho un’idea su come sfruttare questi tre giorni.- disse la keyblader. -Però avrei bisogno di un suo consiglio a riguardo, nonché del suo permesso ad attuare la mia idea.-
    -Ti ascolto.-
    -Demyx, nel frattempo tu vai a svegliare quei pelandroni per piacere.-
    -Subito Jessie!- esclamò il Ritornante, correndo nelle cabine dei compagni di viaggio.

    -E’ un’idea interessante, credi che debba prendervi parte anch’io?-
    -Sinceramente Maestà, non sono molto sicura sul volervi allontanare dalla gummiship però se potesse essere presente almeno per qualche ora…-
    -Di che parlate?- chiese Sora, prima di esibirsi in un sonoro sbadiglio, mostrando la sua intera cavità orale ai presenti.
    -Ben svegliato!- lo accolse Pippo, con il solito entusiasmo, salutando allo stesso modo gli altri due custodi e il Ritornante dai capelli di fuoco.
    -Allora?- fece il rosso. -Qual è l’argomento che mi ha costretto a scendere dal letto a quest’ora?-
    -Bè, per quanto ti riguarda Axel, tu potevi restare a dormire…- ammise la castana con una leggera risata. -Per quanto riguarda invece voi…- continuò, puntando il suo sguardo sui tre compagni. -…preparatevi perché tra mezz’ora si parte per il Castello Disney!-





    * Accecata nel vedere la crudeltà della Bestia
    E' la parte più oscura di me


    Within Temptation - The truth beneath the rose

    ** Sono qui al limite di nuovo
    Desidererei poter mollare
    So di essere solo un passo lontana
    Dalla svolta


    Within Temptation - All I need
     
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