Into the Enchanted Chamber

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    Autore: Red Typhoon Seppy
    Titolo: Into The Enchanted Chamber
    Genere: Drammatico - Fantasy
    Rating: Giallo/Arancione
    Avvertimenti: Long Fic

    Capitolo Primo – The Curse of the Werewolf

    Un lieve vento soffiava da est, smuovendo le foglie delle cime più alte degli alberi, mentre petali di vari fiori svolazzavano leggiadri e sereni. Sull’orlo di un dirupo, un giovane ammirava lieto l’orizzonte, attendendo paziente qualcosa che ancora doveva avvenire, con un accenno di sorriso sul volto. Corporatura slanciata e alta, fisico ben messo, capelli castani lisci mediamente lunghi, e occhi plumbei come l’oscurità che attanaglia la notte. Vestiva di semplici jeans, stivali e maglietta bianca a maniche corte, con le mani in tasca, e due bracciali ai polsi, mentre una lieve frangia sulla fronte ombreggiava gli occhi, dandogli un aspetto tenebroso, alquanto serio.
    Dietro di lui sopraggiunsero dei lievi passi femminili, anticipando una donna dai lunghi capelli corvini molto mossi, che venivano carezzati dal vento, ravvivando la sua figura leggiadra. Occhi cerulei che spiccavano con la sua carnagione olivastra, pelle liscia dai lineamenti marcati ma sinuosi, decisamente era una dama come poche al mondo. Priva di alcuna calzatura, con addosso un semplice top a coprirle il seno e legarsi alle braccia ornato di merletto, mentre un pareo fungeva da gonna lunga con la sua spaccatura alquanto vistosa. Ad impreziosire la sua figura c’erano due grandi orecchini dorati circolari, svariati bracciali su entrambi gli avambracci, una fine cavigliera di diamanti e una collana con una lacrima d’acquamarina.
    La donna aprì le braccia, lasciandosi travolgere da quella ventata di passione primaverile, avvicinandosi con un passo alla volta molto lentamente, a occhi chiusi e respirando a pieni polmoni. Sembrava lieta di vedere quell’uomo immobile, che si voltò nel sentire la sua presenza, per poi tornare a fissare l’orizzonte con aria di sdegno. La giovane lo abbracciò da dietro, passandogli un braccio sopra la spalla e ricongiungendo la mano con la gemella che stava ricurva sul suo fianco. Sussurrò un saluto ammaliante e sensuale nell’orecchio dell’affabile uomo, che prontamente si voltò completamente verso di lei, le afferrò il polso, e la intimò ad andarsene. Testarda e decisa, la ragazza non volle sentir ragioni, allungando le mani intorno al suo mento e sollevandosi sulle punte per rubargli un solo e sfuggente bacio. Con forza questa volta, il ragazzo la spinse via, facendola indietreggiare di qualche passo.
    -Smettila Cleira, sai che non sei tu quella che amo- Disse l’uomo con sguardo vendicatore.
    La giovane rimase folgorata da quell’affermazione, ma soprattutto dagli occhi pieni di rancore. Quei momenti insieme, le nottate passionali nella sua dimora, tutto svanito in una semplice frase, a causa di una sola persona. Ripresa dal duro colpo, si voltò improvvisamente e si mise a fuggire, con le lacrime che lentamente scendevano sul suo volto, delusa da un uomo che credeva l’amasse. Scomparve nella foresta lì vicino, senza più farsi vedere per quella serata, mentre il ragazzo si voltava di nuovo a fissare il tramonto, ormai al termine, attendendo ancora.
    -Mi aspettavi?- Sentenziò una voce femminile sottile e dolce.
    L’uomo si voltò, questa volta sorridente e con occhi più calmi e profondi. La coppia si abbracciò in gesto di saluto, per poi fissarsi in lunghi attimi di silenzio, accompagnati da sorrisi sfuggenti e carezze delicate. La ragazza era bionda, capelli lisci che le giungevano cadenti sulle spalle, occhi azzurri come il ciel sereno, con una viola tra i capelli, accompagnata da una vestaglia celeste e dei sandali. In lontananza, celata nell’oscurità di quella fitta foresta, Cleira continuava a fissare quella coppia, mentre le lacrime continuavano a colare, e i pugni che sbattevano vigorosi contro la corteccia di un albero. Amava quell’uomo, lo desiderava solo per sé, e quella ragazza era solamente un intralcio, e il sogno di vederla scomparire era così concreto che pareva tangibile nel suo sguardo.
    Oramai il sole era completamente fuggito all’orizzonte, lasciando trapelare una luna piena, brillante e meravigliosa in tutto il suo splendore. L’allegro duetto si sedette sulla secca erba di quella brughiera, comoda e tranquilla, con un lenzuolo portato dalla ragazza, ad abbracciarsi mentre ammiravano le costellazioni, che si mostravano una per volta con l’avanzare della notte. La donna rifiutata prese un sacchetto di cuoio celato sotto il pareo, legato tramite un filo intorno alla vita, estraendone una polvere simile a spezie esotiche. Recitò qualche parola in lingua arcaica, mentre sfregava con le dita quell’erba dall’odore di rosmarino che incominciò a diffondersi, trasportato dal vento, e giungendo al uso obbiettivo. Quando riaprì gli occhi finito di pronunciare la sua litania, le iridi erano tinte con contorni rossi, mentre il suo sorriso diveniva sempre più maliardo e demoniaco.
    Nulla parve accadere per i primi minuti, ma poi il ragazzo incominciò a comportarsi in modo alquanto strano. Continuava a portare la mano alla tempia, come se soffrisse d’emicrania, un dolore alla testa molto potente da fargli chiudere gli occhi, stringere i denti e piegarsi lentamente su se stesso. Nella sua mente, s’insinuò una voce flebile ma percettibile, mentre il suo sguardo era sempre più tentato di alzarsi al cielo e fissare l’astro splendente. Fissò la luna con gli occhi strizzati, mentre la voce si faceva più forte, e le parole più comprensibili, qualcosa che fece semplicemente raggelare il sangue.

    -Uccidi-


    I muscoli del giovane pulsavano, frenetici, come se sottoposti a immenso sforzo fisico, seppur stesse semplicemente lì seduto con la sua amata. Preoccupato, le chiese se sentiva anche lei quelle voci, ma ciò che ricevette fu una semplice domanda di risposta: era l’unico. Più le parole continuavano a farsi sentire, con quella voce femminile sensuale e provocante, più in lui nasceva un senso di rabbia che non aveva mai provato prima. I pugni faticavano a rimanere aperti, cadde in ginocchio e piegato, sorretto dalle amabili braccia della fanciulla, che non riusciva assolutamente a capire che gli stava accadendo.
    La rabbia continuava ad aumentare, e seppur lui opponesse resistenza per placarla, essa cresceva con l’aumento della voce nella sua testa. Sembrava che qualcuno gli stesse dando ordini, uccidere, spargere sangue, nutrirsi delle delicate membra umane, come fosse il suo compito, il suo destino, la sua missione. Il suo corpo incominciava a ingrandirsi, i muscoli a espandersi presi da un fremito, e il desiderio di eseguire quelle parole d’odio incominciava a delinearsi. La luna piena irradiava con la sua bianca e candida luce l’uomo, che continuava a struggersi per non lasciarsi prendere da un sentimento tanto primordiale quanto doloroso.
    -Erik, che succede?! ERIK?!- Continuava a urlare la sua amata, trattenendolo con le sue piccole mani.
    Il ragazzo versò una lacrima nel corso della trasformazione, sapeva in cuor suo cosa sarebbe successo se avesse perso il controllo del suo corpo, eseguendo quegli ordini. Sofie, la donna di cui s’innamorò, e con cui avrebbe trascorso il resto della sua vita, probabilmente sarebbe finita spezzata sotto la potenza delle sue dita. Piangeva al sol pensiero che quella bella vita, insieme alla donna amata, potesse concludersi, proprio ora che sembrava aver trovato la felicità dopo anni di terribili situazioni spiacevoli. Maledetto dalla malasorte, ora stava perdendo il controllo contro qualcosa a lui ignoto, e quella mancata conoscenza gli incuteva immenso terrore, così come a Sofie.
    La temperatura corporea aumentava, mentre fitte zone di peluria si facevano largo sulla sua pelle. La pallida luce lunare parve ustionarlo, fiammeggiante e bruciante, mentre il suo sangue sembrava tutto un bollore interno. Tanto bella quanto leggiadra, la luna era un ingannatrice, che plagiava il sensibile corpo umano a provare certe tentazioni, complice di quella maledizione che iniziava ad affliggerlo. Oramai si era capito cosa gli stava accadendo, soprattutto con gli occhi che divenivano topazi brillanti nella notte dalla pupilla verticale e ovoidale, e con le zanne che crescevano nella sua bocca che man mano s’allungava.
    Erik sentiva il suo cuore ardere di un nuovo fuoco passionale, quello dell’ira, che cancellò completamente l’amore per Sofie. Osservò nuovamente la luna, che parve un anello di fuoco che marchiava quella maledizione sul suo fragile animo umano, trasformandolo in una bestia. Ululando alla luna, stava diventando un lupo mannaro, assetato di sangue e voglioso di nutrirsi di carne, la trasformazione oramai si stava completando, e la giovane amata nulla poteva fare per impedirlo.
    Un folto pelo nero iniziò a farsi strada, coprendo ogni parte rosea del suo corpo, mentre le gambe si articolavano in modo totalmente differente. Il muso si allungò e riempì di aguzzi denti sanguinanti, e le unghie diventavano affilati artigli per lacerare il silenzio della notte. Un poderoso ululato che segnalava la conclusione di quella mutazione lupina, rendendo il giovane Erik un uomo lupo a tutti gli effetti, con la bava alla bocca e gli occhi iniettati di sangue.
    Dentro di sé, lo spirito di Erik rimaneva però cosciente, aveva solo perso il controllo del suo corpo. Sentiva la voglia di estrarle il cuore dal petto e divorarlo, ma cercava di far forza, inutilmente, la sua voce era muta e la bestia aveva il pieno potere, nulla di umano era rimasto. Un regno di terrore era destinato a nascere, si vedeva chiaramente negli occhi della ragazza, che indietreggiava e inciampava, cadendo a terra, strisciando come un verme inerte. Con un balzo l’animale la raggiunse, e con un semplice morso le lacerò la carotide, con immensa dispersione di sangue che incominciava a colare e tingere quell’erba secca, rinvigorendola di nuova vita.
    La luna piena in quel momento, fu coperta dalle grigie nubi notturne, filtrando la sua luce. Velocemente, il ragazzo ritornò umano, riprese coscienza e controllo del suo corpo, ma purtroppo era troppo tardi. Tra le sue braccia stringeva la donna che amava, oramai priva di vita, mentre si tingeva le mani di cremisi del suo nettare vitale. Rimase basito per alcuni attimi, tremante di paura e sconforto, per poi chiudere gli occhi e urlare a tutto fiato verso il cielo la sua negazione di quell’atto da lui compiuto. Lacrime incominciavano a versarsi sul viso beato della fanciulla, che con le sue ultime forze lanciò un ultimo sorriso.
    Una risata si fece largo in quegli attimi di dolore, attirando l’attenzione dell’uomo che vide la sua vecchia fiamma rinnegata. Cleira rideva di puro gusto, sadica come poche, poggiata a quell’albero precedentemente utilizzato come scudo visivo, era ormai ovvio il fatto che lei gli aveva lanciato una maledizione. Con tutto il fiato che aveva in corpo, gridò con rabbia e furore il nome di quella maledetta, che volteggiando insieme al suo pareo, scompariva nell’oscurità, senza lasciare alcuna traccia della propria presenza. Ritornando a fissare la dolce Sofie, riprese a piangere, stringendola forte al petto e pregando che ella tornasse in vita, ma tutto era futile.
    La pioggia iniziò a scendere, come un gentile pianto angelico in onore di una simile scomparsa da quel mondo. Il ragazzo, tornato completamente umano, senza più lasciar traccia della sua parte lupina, abbassò lo sguardo e lasciò cadere il corpo al suolo, in segno di resa. La domanda che si fece largo nella sua mente era oramai una sola: quanto sarebbe durata quella sua maledizione? Una singola nottata, qualche luna piena, oppure per l’eternità? L’uomo sperava che fosse tutto un incubo, ma era ormai chiaro che non lo era, e in cuor suo già sapeva la risposta a quel dilemma. Anche se in forma umana, sentiva nella sua mente quelle parole aspre d’odio, che continuavano a desiderare sangue e uccisioni, ma fortunatamente senza la luna, non avevano controllo su di lui. E dunque, sotto quella pioggia rinfrescante, con davanti il cadavere della propria amata, attendeva l’alba, pronto a vivere una vita morta.


    Edited by Liberty89 - 6/8/2012, 16:32
     
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  2. Raving
     
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    OHCRISTODIUNDIO!
    Questa fanfiction si prospetta a dir poco F-I-G-H-I-S-S-I-M-A! °çççç°
    Tutti i santi giorni della mia vita ti romperò le scatole per sapere se hai postato u_____u
    Hai firmato la tua condanna a morte Seppy caro XD

    A parte la Je, che è una delle poche di cui ultimamente leggo qualcosa (ciao Je *°*), il tuo stile è così... pieno e... pienissimo *___________* Niente è lasciato al caso, c'è la descrizione di praticamente tutto! Ci manca solo di che forma sono le nuvole, se sono pecorelle o mucche o scoiattoli o chessoio! E poi dai, ispirato alle canzoni dei Timeless Miracle <3 Sai che alla fine mi sono quasi imparata a memoria le canzoni? XD Sono utilissime anche come sottofondo mentre scrivo di gente che si azzuffa nel fango XD
    Complimentisshimi Sheppy <3
     
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    Capitolo Secondo – Witches of Black Magic
    Senza un posto dove andare, sperduto in un luogo che fino a poco prima poteva chiamare casa, ora era solamente una zona piena di tristi ricordi e incubi. Con quella maledizione non poteva rimanere nel paese, ogni notte di luna piena sarebbe impazzito e avrebbe portato solamente morte e sangue, infatti, quella voce continuava a sussurrare dentro di lui. Come un continuo ronzio, il pensiero del sangue e delle carni da divorare era perenne, non spariva nemmeno con la luce del sole, doveva trovare un modo per liberarsi da quella pena, ma prima di tutto riavere Sofie.
    Ritornò nella propria dimora percambiarsi dato che i vestiti della notte precedente si erano strappati in gran parte, lasciandolo solamente con qualche brandello a coprirgli l’intimità e le braccia. Sapendo che le trasformazioni ogni volta avrebbero denudato il suo corpo quando fosse tornato normale, decise di prendere vestiti larghi, che potessero star bene anche alla bestia, non che si preoccupasse dello stile dell’animale. Prese una maglia e dei pantaloni neri, per poi indossare un grosso spolverino che apparteneva a suo padre, e decise che doveva abbandonare il centro abitato.
    Uscito, si poneva il quesito di dove andare e come fare per ottenere nuovamente ciò che aveva perduto, l’amore e la sua tranquilla vita. Alzando lo sguardo verso il colle dove sedeva quella notte, e dove ancora giaceva il cadavere della sua amata, poté vedere in lontananza la foresta di conifere in cui nessuno si avventurava, perché era territorio delle streghe. Secondo le leggende locali, era proprio la stagione dei riti di sangue che quelle creature compivano, a quel punto, tentare di domandare a loro un rimedio non poteva di certo guastare.
    Prima di dirigersi dalle streghe però, prese una pala, e ritornò dal corpo inerme di Sofie. Le scavò una fossa, ponendo delicatamente quel suo corpo fragile ormai freddo e con il sangue rappreso, e ricoprendola di morbida terra umida per la pioggia notturna. Conficcò la pala come fosse una lapide, e s’inginocchiò a pregare affinché la sua anima riposasse in pace, fino a quando non l’avrebbe trovata e salvata, o per lo meno raggiunta, nel peggiore dei casi. Solo allora, s’alzò deciso e si addentrò all’interno della foresta, quando ormai era pomeriggio inoltrato. Se voleva trovare le streghe, doveva attendere che calasse la sera, fortunatamente non c’era luna piena, e quindi la bestia poteva essere tenuta sotto controllo.
    Ritornata quella luna beffarda, Erik incominciò ad avventurarsi su quel colle forestale alla ricerca delle streghe, e non sarebbe stato difficile trovarle. Seppur in forma umana, il suo olfatto e il suo udito erano particolarmente raffinati ora, e poteva percepire a distanza alcune cose per lui confuse, ma man mano che s’avvicinava, diventavano sempre più nitide. Nell’aria fluttuava odore di calendule, e un sibilo di parole prive di senso per l’uomo,recitate probabilmente in lingua arcaica. Le streghe erano lì, radunate insieme, per versare sangue fresco in dono al loro signore, Lucifero, sperando che quest’ultimo desse loro in dono l’eterna giovinezza tanto ambita.
    Nel vedere quelle fiamme vive innalzarsi alte nel cielo, la mente del licantropo era immersa in una sorta di calma preoccupante, come accondiscendente a ciò che gli occhi del giovane stavano ammirando. Giunse sul luogo ove le streghe stavano recitando qualche rito satanico: c’erano tre figure incappucciate quasi sicuramente donne, completamente in nero. Con loro c’era una ragazza umanacompletamente invasa dal terrore, probabilmente una vergine,legata che si dimenava nel tentativo disperato di liberarsi prima che accadesse l’irreparabile. Erik, seppur mostrava sicurezza, provava immensa paura dentro di sé, non era nemmeno più sicuro delle sue azioni e se fossero realmente una buona idea.
    Intanto un vento gelido si levò imponente con una singola folata, investendo Erik a cuiparve di percepire una qualche presenza al suo interno. Quella paura leggera di prima s’accentuò all’improvviso, era come se non fosserosoli in quella foresta, come se una grande forza stesse osservando tutto quell’operato, probabilmente era proprio colui che le streghe inneggiavano con tanto ardore. Si sentiva fortemente l’odore della paura diventare sempre più marcato, soprattutto quando quelle streghe presero la giovane fanciulla e l’avvicinarono al pentolone, afferrandole i capelli e piegandola oltre il bordo. Senza battere ciglio, la sgozzarono con un pugnale, lasciando che il sangue cadesse fluido nel pentolone e tingesse di cremisi quell’intruglio, divenendone l’ingrediente principale.
    Il cadaverefu gettato nelle fiamme come un rifiuto, che improvvisamente s’alimentarono per qualche istante, bruciando e alzandosi sempre di più, una scena infernale quanto divina e spettacolare. Quel vento sembrò farsi ancora più consistente, avvolgendo quelle donne i cui occhi divennero lentamente neri, come fossero morte, o comunque non più umane. Il sangue si raggelò nel corpo di Erik, l’aria divenne sempre più pesante, insopportabile anche per lui, mentre quelle streghe si toglievano le tuniche, lasciandole cadere di peso al suolo, rivelando i loro corpi nudi. Erano donne incredibilmente giovani, dal fisico snello, abbondante ma soprattutto senza impurità, perfetto in ogni sua linea, cosa alquanto ambigua, troppo innaturale.
    S’immersero nel pentolone nel quale il sangue bolliva vivace, come se condividesse la gioia delle streghe, che non subivano ustioni, né si macchiavano la pelle, era decisamente una prova di quell’eterna giovinezza che avevano ottenuto in cambio di lealtà. Una delle streghe però, si voltò in direzione dell’uomo, che seppur fosse completamente coperto dall’imponente tronco di un pino, parve poterlo vedere chiaramente. Richiamò l’attenzione delle proprie sorelle, uscendo da quel macabro bagno scarlatto e avvicinandosi all’albero ove Erik era nascosto, lì il suo battito cardiaco aumentò drasticamente.
    Semplicemente puntando la mano nella sua direzione, fu come se una qualche forza invisibile si staccasse da lei, dato che l’albero risultòpercosso come da un colpo di cannone. Ci fu gigantesco boato, mentre l’albero iniziava a cadere addosso a Erik, che poté solamente schivarlo con un balzo laterale, rivelando definitivamente la sua presenza. Strinse forte il pugno e digrignò i denti, cercando di infondersi coraggio per affrontarle, ma non ebbe nemmeno il tempo di compiere un passo verso di loro perché una s’era materializzata dal nulla alle sue spalle, bloccandolo con una forza a dir poco disumana.
    Immobilizzato, le streghe si avvicinarono con quei loro corpi tentatori, e iniziarono a carezzarlo delicatamente con le dita, leccandosi le labbra, in fondo era un bel ragazzo e potevano divertirsi con lui prima di ucciderlo. La strega alle sue spalle, con il braccio libero, evocò nuovamente quel pugnale assassino, e stava per lacerare l’arteria del ragazzo, quando la compagna le bloccò il polso di fretta e con fermezza, urlandole di arrestarsi. Improvvisamente, Erik iniziò a gemere di dolore, sentendosi come ustionato da qualcosa, mentre a intervalli regolari quei versi sofferenti si sostituivano a un latrato canino. Sul suo petto, attraverso i vestiti, apparve il simbolo del pentacolo capovolto, facendo loro capire chi era colui che avevano di fronte.
    -Costui è un servo del nostro signore, è uno di noi- Sentenziò la strega che aveva fermato la compagna.
    Le tre lo lasciarono libero, allontanandosi verso il loro calderone, rimanendo nude e senza pudore, osservandolo e ridendo delle sue disgrazie. Con furia subito negò di essere un servo del demonio, lui era libero e si sarebbe rifiutato di compiere altre stragi, desiderava solamente liberarsi di quella maledizione. Le streghe gli risero in faccia con gusto, spiegandogli che nemmeno loro potevano fare qualcosa per il suo problema, non entrava nelle loro competenze.
    Disperato, e senza più una ragione di vita, s’inginocchiò d’innanzi alle streghe, chinando il capo e prostrandosi con le braccia allungate, come un servo della notte qual era. Le dame di magia nera rimasero piuttosto meravigliate di come un uomo, con il sangue di un lupo mannaro nelle vene, potesse cancellare l’orgoglio per compiere quel gesto di totale umiltà. Una delle sorelle lo raggiunse, si chinò per giungere alla sua altezza, e con l’indice gli prese la parte inferiore del mento, tirandolo su con grazia. Dopodiché s’innalzò da terra, volando e sorreggendo senza fatica un uomo di quella statura con un sol dito. Gli rise in faccia, fissandolo negli occhi, vedendo come fosse amareggiato a doversi sottomettere in quel modo a delle streghe.
    -Potrai trovare entrambe le risposte che cerchi nelle Segrete Incantate- Disse ammaliante la donna.
    Ripose l’uomo a terra con un leggero tonfo, mentre si ricongiungeva con le sue compagne. Presero una coppa mezza sferica che immersero nel calderone, prendendo il sangue e ne bevvero alcuni sorsi, lasciando che delle gocce colassero dagli angoli della bocca. Gli occhi divennero completamente neri, e incominciarono a danzare intorno a quel fuoco vivo con movimenti sensuali e piacevoli indubbiamente per Erik, che comunque aveva il pensiero altrove. Mentre loro ballavano nude al chiaro di luna, le fiamme si sollevarono e si staccarono dal braciere, ruotando su loro stesse in sospensione, mentre assumevano la forma di un medaglione dorato consopra inciso il pentacolo.
    Magicamente esso si posò nella mano destro di Erik, che poté vederlo illuminarsi in prossimità di una delle cinque punte della stella. Una delle streghe si voltò, con ancora gli occhi neri come la pece, gli spiegò di seguire la direzione in cui il pentacolo s’illuminava, in quel modo sarebbe giunto al sentiero per le Segrete Incantate, dove forse avrebbe trovato le sue risposte. Le streghe ripresero a danzare, ignorando totalmente il ragazzo, che soddisfatto diede loro le spalle, andandosene con tutta calma. Ogni tanto si fermava a osservarle, il desiderio della carne in senso peccaminoso c’era pur sempre in un uomo, e ripensava a ciò che aveva visto lì sopra il colle, mentre stringeva tra le mani quel medaglione.
    Poté vedere le leggendarie streghe di magia nera che ancora si muovevano ondeggiando nella notte, compiendo quella danza a cui si dedicavano solamente una volta l’anno. Venerando colui che si allontanava dalla luce, come fedeli serve che seguivano il suo piano superiore, di cui ora anche l’uomo faceva parte. Dunque, quella stessa notte cominciò il pellegrinaggio verso le Segrete Incantate, alla ricerca di risposte e della soluzione ad ogni suo problema.
     
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