Amore Proibito al Chiaro di Luna

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    Titolo: Amore Proibito al Chiaro di Luna
    Autore: Red Typhoon Seppy
    Genere: Sentimentale, Erotico, Drammatico, Dark
    Rating: Rosso
    Avvertimenti: Lemon, One-shot

    Amore Proibito al Chiaro di Luna
    Le braccia muscolose di lui, che delicatamente la cingevano come delle mura protettrici, bloccandole qualsiasi movimento. In lei, solamente paura, che si trasfigurava nei suoi gesti in odio. Paura verso quell’inaspettato e pericoloso compagno, appartenente alla razza nemica.
    Lui un vampiro, venuto a nascondersi in quella fossa raggiunta appena dalla luce filtrante del sole, lei una povera lupa mannara caduta accidentalmente in quella buca, che senza la sua luna argentata divenne indifesa. Il succhiasangue non la attaccò, seppur conscio delle reali origini della ragazza, inoltre, era già sazio dopo un pasto prelibato a base di pregiato vino scarlatto.
    Intimorita che lui, risvegliatosi dal suo temporaneo sonno ristoratore, potesse attaccarla e ucciderla, pensò di aggredirlo per prima, cogliendolo di sorpresa. Fu così che si ritrovarono in quella posizione ambigua: lei completamente spoglia di indumenti sopra di lui, e lui sdraiato contro il muro di pietra, che le bloccava i polsi, armati della sua spada dall’argenteo e letale filo. Entrambi si fermarono, come pietrificati, persi a osservare l’aspetto particolare dell’altro, cogliendo ogni singolo particolare.
    Lui, con quegli occhi neri come la pece, profondi come l’abisso in cui giaceva la regina della notte, catturavano lo sguardo di lei come una spira di affilati rovi, che lentamente le consumava l’animo fragile. I capelli corvini ricadevano con eleganza sulle sue palle, frastagliati e apparentemente spettinati, come delle delicate piume tinte di deliziosa oscurità. Vestito con abiti molto sfarzosi e delicati, fatti dalla seta più pregiata, come un nobile dei tempi andati, sotto i quali vi era un corpo fiero, possente, dalle spalle larghe e le braccia robuste.
    Lei, un delicato angelo la cui pelle rosea pareva candida e morbida al tatto dell’uomo. Quegli occhi cerulei, tinti di polvere diamantina a causa delle lacrime che scendevano a volte rapide, a volte lente, che come dei pugnali rigavano le sue piccole gote con la loro scia. Quei lunghi capelli castani, chiari come il pregiato legno di ciliegio, lisci e fluenti, come una delicata armonia, mossi dalla fresca brezza mattutina. E quel corpo… spoglio di qualsiasi barriera protettiva, permettendo agli occhi del vampiro di assaporarne la completa bellezza, cancellando la fantasia e facendo spazio a pensieri proibiti e primordiali.
    Il pianto di lei cadeva delicato, come una lieve pioggia primaverile, battendo incessante sul petto di lui, colmo di paura. Il vampiro la osservava, con sguardo apatico, mentre una delle sue mani si spostava, cingendole con cura la nuca e la guancia, mentre con il pollice le ripuliva la gota dalla piccola goccia salina che il quel momento l’attraversava. Le sue dita sentivano la delicatezza di quei capelli e una sensazione alquanto strana lo pervase nel profondo, mentre negli occhi di lei tornava a brillare la speranza. I riflessi degli occhi della fanciulla, rassicuravano l’uomo come le stelle notturne che vegliavano su di lui quando vagava per il mondo, in quelle notti in cui si sentiva libero.
    -Non c’è motivo che piangiate, rovinate solamente il vostro volto.- Disse il vampiro.
    -Perché? Perché semplicemente non mi uccidi? Hai visto la bestia che sono!- Urlò la donna, sbattendo con vigore il pugno sul petto dell’uomo.
    -Perché in questo momento vedo solamente un angelo piangente, non una bestia sanguinaria.- Rispose l’uomo, giustificandosi con una frase molto romantica, strana da udire da uno come lui.
    La ragazza, seppur sempre più stupita dello svolgersi delle azioni, continuava a singhiozzare e piangere, la paura non voleva abbandonarla. L’uomo successivamente, fece la cosa più assurda che si potesse mai pensare: le cinse meglio la nuca, per portare il capo di lei sul suo petto, come una madre protettrice verso la sua preziosa prole.
    La giovane non reagì, si limitò a proseguire con quel pianto, che pian piano cessava, mentre la sicurezza e la calma sostituivano il terrore. Adagiò l’orecchio contro il corpo del vampiro, mentre questi si addormentò, stanco a causa della luce del giorno, riposandosi per la successiva notte di sangue. La ragazza non udiva alcun suono provenire dal suo petto: il cuore non batteva, normale essendo un vampiro, ma in un certo senso, avvertiva della vita dentro quell’essere, forse un’anima.
    I due si addormentarono, lei rannicchiata su di lui, mentre il vampiro teneva le braccia intorno al suo corpo come un indissolubile scudo protettore, al contempo riscaldandola, col poco calore che poteva trasmetterle, essendo lei priva di indumenti.
    Il tempo trascorse così, molto lentamente, fin quando non tornò a levarsi la notte, accompagnata da quella luna dai riflessi argentei, che splendeva come sempre, simile a un prezioso gioiello. Non essendo piena, la donna non si trasformò, rimase un’umana indifesa nella sua nudità, mentre lui tornò vigoroso e pieno di energia, pronto a consumare altro sangue. Inaspettatamente, cinse i fianchi di lei con delicatezza, stringendola e portandola con sé in un salto molto alto, permettendole di uscire da quel fosso per lei troppo alto, nella forma in cui si trovava.
    In quel momento lui, poteva ucciderla succhiandole il sangue, ma non lo fece. Si limitò a osservarla, mentre lei timidamente copriva le sue forme con le braccia e arrossiva, sussurrandogli a bassa voce un semplice e sincero -Grazie-.
    -Qual è il vostro nome?- Chiese timidamente lei, dopo averlo ringraziato.
    -…Gilbert…- Rispose freddo e anche lui con un lieve accenno d’imbarazzo.
    -Io sono Angelica- Disse lei, sorridendogli.
    Lui si voltò fulmineo, il suo volto esprimeva troppo disagio per un essere sanguinario come lui. Senza voltarsi né proferire verbo, si tolse la giacca e allungò il braccio per offrire l’indumento alla giovane. Lei, titubante, la prese tra le sue delicate mani, e dopo averla indossata notò che era alquanto larga e lunga, perfetta per coprirsi interamente e proteggersi dal freddo notturno. Subito dopo averle ceduto il soprabito, il vampiro incominciò a scappare, scomparendo in poco dalla vista della ragazza, che invece prese il sentiero opposto, diretta al suo villaggio.

    Erano passati ormai parecchi giorni dalla loro dipartita, ma il ricordo di quel giorno persisteva ancora nella loro mente. Lei continuava a chiedersi come stesse quel vampiro che l’aveva tratta in salvo con la sua bontà, poiché se fosse rimasta dentro quel fosso, senza poter diventare lupo mannaro, non sarebbe sopravvissuta a lungo. Lui, invece, pensava senza freni alla fanciulla, a quel suo corpo splendidamente accurato, e quel viso troppo bello, simile a un angelo.
    Ecco che nuovamente la notte calava sul mondo, ricoprendolo d’ombre oscure, che risvegliavano le più infide bestie degli inferi. Nel cielo, alto e trapunto di stelle, una luna beffarda si degnava di mostrarsi ai comuni mortali, con la sua bellezza irraggiungibile. Il vampiro, come ogni notte, prese i propri indumenti, la sua lucente spada dalla lama d’argento, e uscì dalla sua dimora, un antico castello posto in cima a un colle dentro la pineta. Incominciò a correre nella foresta, fiutando l’aria per captare l’odore di sangue di cui nutrirsi, mentre la sua mente vagava per altri infidi sentieri. Si ritrovò nuovamente a pensare a lei, ad Angelica, quella dolce creatura che comparsa quel giorno, avvolta dalla delicata e sfiancante luce del giorno, facendola splendere di un’aura immacolata.
    Mentre cercava qualche buon pasto, il suo olfatto colse un profumo di ciliegie selvatiche, un odore che aveva già avvertito prima, ma non era una pianta, dato che certi alberi non crescevano in quelle zone. Poi si ricordò, era lo stesso profumo che emanava quella ragazza, che da quel giorno risiedeva nella sua mente, e che ora si trovava nella foresta. Istintivamente, volse lo sguardo al cielo, notando che la sorella del sole risplendeva alta, piena e maestosa, dunque la giovane era trasformata in lupa mannara. Desideroso di rivederla in ogni caso, iniziò a seguire quel profumo pungente e zuccherato, coperto dal tipico odore silvestre e aspro del pelo canino. Ebbe solamente il tempo di avvicinarsi, che fu individuato dall’animale, che selvaggiamente e privo di controllo si fiondò su di lui, abbattendo l’albero su cui era appollaiato con un colpo dei suoi artigli.
    Il vampiro non reagì, non voleva farle del male, sapeva che dietro a quella maschera mostruosa e famelica, risiedeva il candido sguardo dell’angelo che aveva incontrato giorni prima. Si limitò a evitare ogni singolo colpo, cercando di farla stancare, ma era troppo veloce, così un attacco lo prese di striscio a un braccio. Lo scontro proseguì per molti minuti, forse ore, e la stanchezza cominciava a farsi sentire sulle membra dell’uomo.
    Sembrava ormai la fine, quando il lupo mannaro si gettò su di lui, il vampiro chiuse gli occhi in attesa della dolce melodia della morte, ma inaspettatamente quel richiamo non arrivò. Sollevò le palpebre e si sorprese vedendo che la ragazza era tornata umana, eppure la notte non era ancora giunta al termine. Alzò lo sguardo alla volta celeste e fu allora che vide una gigantesca nube che copriva la luna, impedendo alla trasformazione di mantenersi.
    -Vattene! Scappa, non voglio farti del male!-
    Urlò lei, piangendo fiumi di dolore al sol pensiero di uccidere colui di cui, misteriosamente, s’era innamorata. Stringeva forte le mani sulla camicia di lui, poggiando il capo sulla sua spalla e bagnandogli gli indumenti, mentre lui si limitò a stringerla in un abbraccio.
    -Ve l’ho già detto, non siete un mostro, siete la donna che amo.- Replicò lui, chiudendo gli occhi e respirando molto profondamente, mentre poggiava la testa contro quella della ragazza.
    La giovane, sgranò gli occhi per un istante, poiché non pensava di essere ricambiata, anzi, supponeva che i vampiri non provassero emozioni, né sentimenti umani. Non riuscì a fare altro che singhiozzare, non seppe dire se per la paura o per la gioia, ma continuava a temere per la presenza della luna dietro a quelle nubi nefaste.
    -Lasciate che sotto questo cielo divino, io possa amarvi come desidero…- Le sussurrò nell’orecchio, mentre le cingeva le spalle, allontanandola da sé, per poi sporgersi leggermente e baciarla.
    Le lacrime smisero di scendere, rimanendo percettibili sull’occhio, mentre la giovane si limitò a farsi amare, dopo un leggero attimo di sconvolgimento. Un lungo bacio colmo di desiderio e delicato al contempo, che lentamente accese il fuoco impetuoso della passione, illuminando quella buia notte. Lui le portò una mano dietro la nuca, tenendola contro di sé passionalmente, mentre l’altra scendeva, seguendo le linee dei fianchi, toccandole il fondo schiena.
    Lei continuava a stringergli la camicia, ma pian piano la presa si allentava, cullata da quel delicato bacio. Successivamente, prese ad aprire i bottoni dell’indumento, permettendo alle mani si scivolare all’interno, per sentire la muscolosa pelle di lui. Quel corpo scolpito e marmoreo, come una statua, piacevole da sentire sotto le dita, bello da vedere, che infondeva senso di forza e sicurezza. Posò le mani sulle spalle, per poi scendere e carezzare delicatamente le sue braccia forzute, sfilandogli la camicia ad ogni centimetro percorso, ma si bloccò ai gomiti.
    Allora, Gilbert distese le braccia verso il basso, lasciando che l’indumento scivolasse per la forza di gravità, rimanendo con il torace nudo. Le mani bramose di lei scesero, passando alla schiena, giungendo poi al sedere, e infilandosi nei pantaloni e nell’intimo. Con un’ulteriore spinta, abbassò gli indumenti inferiori, mentre lui si toglieva le scarpe, levandosi di qualsiasi cosa s’interponesse tra il suo corpo e quella dell’amata. Ormai nudi, i due si cinsero in un forte abbraccio, facendo congiungere le loro membra, mentre il bacio proseguiva imperterrito, come una fredda pioggia di novembre.
    Diversamente dal loro primo incontro, fu lui a star sopra, spingendo in avanti il corpo di lei, e lasciando che il peso facesse il resto. Con una mano sulla nuca e una sulla schiena, l’uomo attutì la caduta, come se stesse adagiando la sua amata su un delicato letto di petali di rose. Si guardarono intensamente in quel breve momento di pausa, entrambi affannati, ma per nulla stanchi. Le nubi continuavano a ricoprire la superficie chiara e preziosa dell’astro notturno, permettendo a quell’effimero momento di prolungarsi.
    Ripresero a baciarsi intensamente, lasciando che le mani si scatenassero in una danza sensuale, carezzando l’intimità dell’altro. Lui accarezzò con delicatezza la gamba e la schiena, mentre lei inizialmente si concentrò sulle massicce spalle, per poi ricadere verso l’inguine e la schiena. Angelica, sentiva un caldo tepore nel ventre, la crescente passione la stava consumando, come il fuoco che divora rapidamente un ceppo: finalmente aveva modo di capire cos’era l’amore, anche a livello passionale. Gilbert invece, pensava alle sensazioni che provava con crescente stupore: erano secoli che non si lasciava travolgere da un sentimento così flebile e banale. Anche se il suo cuore non batteva più, avvertiva ogni palpitazione delle dita di lei, il sapore di quel bacio, tutto fu esaltato dalla mancanza e dall’astinenza durata troppo tempo.
    Lei continuava ad alzare il bacino verso l’alto, quando raggiungeva un picco di piacere, mentre lui sentiva dei forti brividi pervadere il suo corpo, già freddo di per sé, indurendo i muscoli e trattenendo il respiro in modo quasi euforico. Anche se privato del battito del cuore, Angelica sapeva che Gilbert la stava amando, più di quanto potesse mai fare un essere umano vivo.
    Il vampiro si staccò dalle sue labbra, dandole piccoli baci a scendere, partendo dalla guancia, soffermandosi sul collo con intensità, per poi spostarsi al seno. La ragazza era in uno stato di piacere che non avrebbe potuto fermare, mentre le sue mani s’impuntavano e le unghie scavavano nella sua carne, resistente al dolore e alle ferite.
    Continuava a scendere, percorrendo il suo corpo con nuovi baci, fino a trovarsi fra le sue gambe. Affamato d’amore, saggiò quel nettare fertile della vita, mentre la giovane continuava a sussultare eccitata, colta da improvvisi fulmini a ciel sereno. Ormai pronta psicologicamente, si mise in posizione seduta, mentre attirava a sé l’uomo, cingendogli il collo con ambo le braccia e fiondandosi senza esitazioni sulle sue labbra. Gilbert l’abbracciò a sua volta, adagiandola nuovamente al suolo, pronto per compiere il grande passo di quell’atto, qualcosa che avrebbe reso quella notte indimenticabile per entrambi.
    Si poggiò su un ginocchio, le sollevò il bacino con una mano, mentre l’altra reggeva il suo peso al terreno. Angelica si avvicinava ancora alla sua bocca, non voleva staccarsi, le piaceva troppo pendere dalle labbra di lui, assaggiando il suo sapore fino all’infinito. Infine, Gilbert la penetrò, lasciando la ragazza con il fiato mozzato, paralizzata da tutte quelle sensazioni in un colpo solo, per lei nuove. I due poggiarono le proprie fronti l’una contro l’altra, respirando con incredibile affanno, ricoperti di sudore, avvolti dal caldo piacevole dell’amore profondo, capace di riscaldarli anche nel mezzo di una gelida e pungente notte d’inverno.
    Come in una leggiadra danza di gala, i due corpi si muovevano a ritmo, sinuosamente e seguendo i movimenti dell’altro. Prima un adagio, per poi divenire sempre più andante, come una potente sinfonia di Mozart, un echeggiare di suoni muti che solamente loro due potevano sentire. Il suono dei loro respiri affannati, e dei loro baci pizzicanti e fuggenti, in cui le mordeva ogni tanto le sue labbra, presa dalla fame di carne. Il vampiro invece, avvertiva il ferroso e dolce odore del sangue della donna, che gli solleticava le narici, ma non s'azzardò a puntare i suoi letali canini contro quel corpo, perché mai e poi mai avrebbe potuto rovinare una tale bellezza prodotta da madre natura.
    E tutto finì, nel migliore dei modi. Gilbert si alzò in piedi, stanco ma ancora in forze, mentre Angelica continuava a respirare con sempre meno affanno, fino a lasciarsi cingere dalle delicate braccia di Morfeo.
    Nemmeno il tempo di dirsi addio, che lo spesso velo di nubi scorse via come l’acqua di un fiume e rivelò il brillante volto della luna, e automaticamente, il delicato corpo femmineo di lei divenne ancora una volta quello della bestia dal pelo folto, ora dormiente e innocua. L’uomo le sorrise, prese i propri indumenti, e ritornò alla sua dimora prima che si svegliasse, o che si levasse l’alba di un nuovo giorno.

    Gioioso. Felice. Tutte emozioni che di rado pervadono la mente di un vampiro. Gilbert, da quando aveva conosciuto la delicata Angelica, ne fu travolto. Ora capiva cos’era l’amore, ed era lieto di esserne prigioniero.
    A disturbarlo in uno dei suoi tanti momenti di pensiero, sul ricordo del volto di lei, di quella notte fantastica e di ogni cosa che la riguardasse, fu la voce di un nuovo arrivato.
    -Vieni, abbiamo catturato un altro di quei bastardi pelosi.- Disse l’uomo, andandosene e lasciando la porta aperta.
    Gilbert sospirò, il suo momento di calma era stato rovinato, e pensare che quel giorno sarebbe potuto andare a cercare la sua amata nella foresta. Oltre a quello, era giunto al fatto che s’era innamorato di un lupo mannaro e questo non gli faceva di certo onore nella sua posizione, e non poteva ovviamente iniziare a predicare la pace tra le due razze.
    Con questi turbolenti pensieri, s’apprestò a raggiungere i suoi simili in una piccola piazzetta pavimentata in mattoni, su cui era dipinta una luna splendente dai riflessi argentati. Quando giunse sul posto però, fu totalmente spiazzato nel vedere chi era la bestia catturata.
    Davanti a lui, stava Angelica: incatenata, in ginocchio e nuda, dato che la luna era coperta dalle nubi.
    Non sapeva cosa fare, non poteva dichiararsi amante del nemico, e non poteva nemmeno dichiarare pietà improvvisa, ma non voleva perdere colei che amava.
    Un vampiro, vestito molto elegantemente e distinto dagli altri, si avvicinò al giovane Gilbert, poggiandogli una mano sulla spalla, mentre gli avvicinava una lama argentata dall’impugnatura in oro massiccio, con incastonato un rubino sulla cima. Gilbert volse lo sguardo altrove, stringendo i denti e i pugni, rifiutandosi d’impugnare quell’arma e uccidere la sua nuova ragione di vita.
    -Osi metterti contro colui che ti ha donato questa tua nuova vita? Forza, uccidila.-
    Incitò l’uomo, capo di quel piccolo gruppo di vampiri della foresta. Gilbert capì che non poteva fare altro, era obbligato ad adempiere ai suoi doveri, tuttavia iniziò a riflettere su questa “nuova vita” che l’uomo gli aveva offerto. Afferrò la lama, alzandola e osservando il proprio riflesso su di essa, notando i suoi canini, la sua carnagione, la creatura che era diventato, doveva forse ringraziarlo per questo? Strinse con forza l’arma, pronta a sfoderare la sua bellezza assassina, avendo ormai preso un’importante decisione.
    La donna aveva lo sguardo pieno di paura, proprio come il primo giorno in cui i loro occhi s’erano incrociati, ed era nato il seme della loro passione. Le lacrime scendevano silenziose sul suo viso, nessun singhiozzo o sussulto le scuoteva il petto, si era ormai rassegnata all’idea di poter vivere felicemente con il proprio amato. Chinò il capo, in segno di resa, pronta a terminare la sua esistenza, sperando in un’altra vita, migliore di quella che aveva vissuto.
    Gilbert alzò la lama al cielo, preparando il colpo, ma mentre la spada ricadeva verso il basso, il corpo del giovane ruotava, e l’arma assumeva una posizione orizzontale.
    La lama fendette l’aria con incredibile foga, tanto da provocare un rumore di lacerazione. L’arma mozzò la testa del capo dei vampiri, che cadde al suolo, rotolando qualche metro più in là. Non ebbe neanche il tempo di voltarsi per fronteggiare il resto del gruppo, che un paletto di frassino lo prese in pieno petto, sparato da uno dei vampiri a guardia del licantropo. Gilbert si fermò, cadendo in ginocchio, mentre la mano, stanca, lasciò la presa sulla spada, davanti alla sua amata. Angelica si protese verso di lui, emettendo un urlo straziante di dolore, mentre lo scorrere delle sue lacrime s’era fatto impetuoso, come un furente fiume in piena.
    I due si guardarono negli occhi, forse per l’ultima volta, mentre il sangue iniziava a scendere dalla bocca del vampiro, in due rivoli scuri agli angoli delle labbra. La ragazza riuscì ad allungare il collo, fino a giungergli vicino, e rubargli un leggerissimo attimo con un bacio pungente, poco prima che il suo corpo cadesse sull’affresco della luna, sanguinante e morente. Alzò lo sguardo al cielo, chiudendo gli occhi, stringendo i pugni e urlando con tutto il fiato che possedeva, lacerando il vuoto del cielo notturno con la sua sofferenza divenuta palpabile. Le nubi attorno alla luna iniziarono a scostarsi e flebili raggi d’argento fecero timidamente capolino dal loro nascondiglio, toccando la delicata pelle rosea della fanciulla.
    In pochi attimi, il corpo della ragazza aumentò di massa e statura, divenendo la bestia tanto temuta dalla razza vampira. La sua forza disumana, sommata al dolore mutato in rabbia pura e un odio smisurato, le diede la potenza necessaria per liberarsi dalla sua prigionia. Spezzò le catene, infliggendosi delle ustioni a causa dell’argento posto sulle dure manette ferree, afferrando per il collo il vampiro che aveva scoccato il dardo, penetrandogli le carni con le unghie affilate.
    Gli altri presenti, si fiondarono sulla lupa, trafiggendola in molteplici punti con lame d’argento, ferendola gravemente. Tuttavia, lei persisteva senza la minima intenzione di arrendersi, scaraventando un altro di quei demoni lontano da sé, mentre un altro vampiro le infliggeva il colpo di grazia.
    Solo allora, la donna vacillò stremata, mentre riassumeva la sua forma umana, nonostante la luna splendesse nel cielo. Era chiaro, stava morendo, a causa del proiettile d’argento giunto al suo petto con quell’ultimo sparo, ma ciò non la rese triste. Cadde all’indietro, finendo sul dipinto della luna, accanto al suo amato, ma nel senso contrario. Erano entrambi ancora vivi, sul punto di emettere l’ultimo respiro, versando lacrime piene di sofferenza, ma anche di gioia per la pace tanto desiderata. Si guardavano con occhi colmi d’amore, mentre con le ultime forze avvicinarono le loro mani fino a congiungerle.
    -… ti amo…- Sussurrò flebile lei, in modo quasi impercettibile, con il fiato strappato.
    -…anch’io…- Rispose lui, versando una singola lacrima, e donandole un accenno di sorriso.
    Dopo quelle ultime parole, entrambi chiusero gli occhi, quasi in contemporanea, mentre il sangue colava dalle loro ferite e andava a coprire l’affresco della sovrana del buio che divenne scarlatta.
    Il simbolo del loro amore, colei che aveva permesso il loro incontro, quella che aveva donato loro la possibilità di vedersi durante la notte. E proprio su quell’affresco i due spirarono, quasi simbolicamente, passando insieme all’altro mondo, rendendo immortale quel loro amore proibito al chiaro di luna.


    Edited by Liberty89 - 17/10/2011, 00:23
     
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    Fuoco crepuscolare che mai si estinguerà

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    Bellissima storia, di cui ho apprezzato l'imprevedibilità del comportamento di entrambi i protagonisti, perché appartenenti a due razze diverse e avversarie. Complimenti ^^
     
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